Quel sudicio razzismo di un'esigua minoranza

FRANCESCO GRECO. ROMA - Le ragazze cinesi del bar della borgata dove la mattina facciamo colazione sono molto simpatiche. Una addirittura vuole che impariamo la sua lingua, anche se ammette “è difficile”.

Il ragazzo del Bangladesh che manda avanti un negozietto di frutta e verdura h24 ha le mani grosse e cosparse di piccoli tagli. A Ferragosto il mercante arabo ci ha regalato due paia di scarpe (foto) sol perché lo salutiamo con un sorriso ogni giorno.

Mentre il ragazzo nero alto e magro che tiene pulito il marciapiede spazzando le foglie secche in cambio di una monetina dei passanti, che scambia per un bel pezzo di pizza, saluta tutti.

I latinos con i loro bambini sono indaffarati, vanno sempre da qualche parte. Gli slavi sono riservati, se ne stanno per conto loro. E’ carina la bambina cinese che due giovani genitori partono a scuola. Le arabe spesso indossano il velo e mostrano solo la faccia. Non ci sembrano particolarmente infelici, o non tanto da essere “redente” dalle suffragette occidentali, come esse le rappresentano e di cui forse ridono.

Le magnifiche ragazze del CAF forniscono a questa umanità viva che lotta ogni giorno per la vita la documentazione per la riunificazione delle famiglie.

Ad agosto la borgata è precipitata nel lutto stretto: è morto, l’ennesimo “malore improvviso”, il giovane medico che accudiva tutti e per giorni si son viste facce tristi. Questi sono quelli che dovremmo odiare, che ci tolgono il lavoro, che delinquono da mane a sera? Sotto la dominazione araba (827-1061) al Sud siamo stati bene, Palermo aveva ben 300 moschee.

Eppure siamo avvolti in un sudicio peplo di razzismo, tenuto desto da politici ignoranti e media compiacenti: una minoranza, sia chiaro. Ma a volte la realtà si fa beffe di tutto e di tutti.

Il destino cinico e baro ha voluto che nelle stesse ore in cui una nave italiana portava 16 migranti in un lager in Albania, quattro bambini inclusi, protetti dal diritto internazionale (ma i Magistrati li hanno fatti tornare indietro) e i suddetti nei media esultavano, dalle stesse onde ne sono spuntati altri 1000. Magari hanno fatto il gesto dell’ombrello. Chiaro il messaggio. Non si svuota il mare col bicchiere. 1000 altri ne arriveranno oggi e altri domani.

Perché, se nasci in un villaggio subsahariano, dove per attingere un po’ d’acqua devi farti 10 km a piedi, che cosa puoi fare? Sono i frutti amari di secoli di colonialismo e schiavismo, popoli depredati e massacrati dall’Occidente culla di civiltà. L’abbiamo chiamata “civilizzazione”.

Abbiamo l’amara sensazione che la politica (destra e sinistra) tenga confusa la normativa in materia per tenere in scacco i migranti. I media fanno la loro sudicia parte. Se un forestiero commette un reato, pagine e pagine e aperture di tg. Se è italiano lo si nasconde e ogni attenuante è buona.

La realtà così letta diviene sudicia parodia. Eppure esempi virtuosi cui guardare esistono: circa 190 etnie convivono in Russia. A Mosca sanno che fare.

La realtà è un’altra. Le feste delle comunità straniere a cui ci invitano sono un sacco identitarie, un’emozione e uno sfolgorio di costumi, musiche, danze, cibi.

Tempo fa una maestra diciamo fuori dal mondo si opponeva all’esame Invalsi a un ragazzino arabo. Era sera tardi quando un gruppo di arabi bussarono alla nostra porta. La mattina dopo davanti alla scuola c’era una piccola folla con i cartelli e quando informarono la maestra che c’era “la press” magicamente cambiò idea e il giorno dopo l’esame ci fu regolarmente.

Da allora gli arabi ci regalano il loro pane caldo, ci invitano a pranzo e a cena. E, a dirla tutta, non abbiamo ancora capito il furore di Oriana Fallaci verso l’Islam.

Ci viene in mente la celebre poesia del poeta greco Costantinos Kavafis, “Aspettando i Barbari”. Siamo, si presume, nella Roma che declina e si sparge voce che i Barbari (“sprezzano la retorica e le arringhe”) premono alle frontiere. I senatori oziano. I popolo è preoccupato, ansioso. L’Imperatore invece siede sul trono indossando i suoi vestiti più belli, ha capito che i Barbari vengono a salvarli (ma non arriveranno…). Enea non era forse un “barbaro?”. Arrivò da Troia in fiamme col vecchio padre e il figlio, bypassando l’amore della Regina Didone, per fondare una città e una civiltà.

Forse i Barbari di cui si diceva all’inizio vengono a salvarci, ma politici e media hanno costruito una narrazione corrotta per criminalizzarli. Ma se i suddetti si facessero una stagione a raccogliere pomodori sotto il sole, a 5 euro l’ora, forse cambierebbero idea. Forse…

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