FOGGIA – Il carcere di Foggia, già noto per essere tra i più problematici d'Italia, è stato teatro di una notte di eccezionale violenza da parte dei detenuti. Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), ha espresso profonda preoccupazione per l'escalation di episodi di violenza all'interno delle carceri italiane, sollevando interrogativi drammatici: "Cosa dobbiamo aspettarci ancora? Forse il morto tra il personale penitenziario?".
Di Giacomo ha ricordato come, nei primi nove mesi dell'anno, si siano verificati oltre 2.000 episodi di aggressione ai danni degli agenti di Polizia penitenziaria, di cui più di 600 hanno richiesto cure ospedaliere. Tra le carceri più pericolose spiccano quelle campane, seguite da quelle lombarde, laziali e pugliesi. Il carcere di Foggia, in particolare, è tra quelli in cima alla lista per la criticità della situazione.
Il segretario generale ha espresso preoccupazione per il rischio che il dibattito politico e lo scontro tra Governo e magistrati sulla gestione dell'immigrazione e sul Centro di accoglienza in Albania possano distogliere l'attenzione dall'emergenza carceraria. Di Giacomo ha sottolineato come la situazione di Foggia rappresenti solo uno dei tanti esempi di un sistema penitenziario al collasso, caratterizzato da sovraffollamento, carenze di organico e gravi rischi per la sicurezza del personale.
"Il personale penitenziario è stato abbandonato al proprio destino," ha denunciato Di Giacomo, evidenziando l'assenza di provvedimenti adeguati per far fronte a questi problemi. Anzi, secondo il segretario, i recenti interventi presi "in tutta fretta" vanno nella direzione opposta rispetto a quanto il sindacato chiede da tempo, definendoli una vera e propria "provocazione". Di Giacomo teme che, in assenza di interventi seri, "quando scapperà il morto tra gli agenti sarà troppo tardi per intervenire."
Il segretario ha poi evidenziato la mancanza di una visione organica per affrontare i problemi cronici delle carceri italiane, come il sovraffollamento, la carenza di personale, i suicidi e le morti tra i detenuti, oltre a fenomeni come traffico di droga e la diffusione di telefonini all'interno delle strutture. "Non è più tempo di pezze e tanto meno di annunci," ha concluso Di Giacomo, ribadendo la necessità di riforme strutturali e un piano complessivo di intervento per risolvere la crisi del sistema carcerario italiano.
Di Giacomo ha ricordato come, nei primi nove mesi dell'anno, si siano verificati oltre 2.000 episodi di aggressione ai danni degli agenti di Polizia penitenziaria, di cui più di 600 hanno richiesto cure ospedaliere. Tra le carceri più pericolose spiccano quelle campane, seguite da quelle lombarde, laziali e pugliesi. Il carcere di Foggia, in particolare, è tra quelli in cima alla lista per la criticità della situazione.
Il segretario generale ha espresso preoccupazione per il rischio che il dibattito politico e lo scontro tra Governo e magistrati sulla gestione dell'immigrazione e sul Centro di accoglienza in Albania possano distogliere l'attenzione dall'emergenza carceraria. Di Giacomo ha sottolineato come la situazione di Foggia rappresenti solo uno dei tanti esempi di un sistema penitenziario al collasso, caratterizzato da sovraffollamento, carenze di organico e gravi rischi per la sicurezza del personale.
"Il personale penitenziario è stato abbandonato al proprio destino," ha denunciato Di Giacomo, evidenziando l'assenza di provvedimenti adeguati per far fronte a questi problemi. Anzi, secondo il segretario, i recenti interventi presi "in tutta fretta" vanno nella direzione opposta rispetto a quanto il sindacato chiede da tempo, definendoli una vera e propria "provocazione". Di Giacomo teme che, in assenza di interventi seri, "quando scapperà il morto tra gli agenti sarà troppo tardi per intervenire."
Il segretario ha poi evidenziato la mancanza di una visione organica per affrontare i problemi cronici delle carceri italiane, come il sovraffollamento, la carenza di personale, i suicidi e le morti tra i detenuti, oltre a fenomeni come traffico di droga e la diffusione di telefonini all'interno delle strutture. "Non è più tempo di pezze e tanto meno di annunci," ha concluso Di Giacomo, ribadendo la necessità di riforme strutturali e un piano complessivo di intervento per risolvere la crisi del sistema carcerario italiano.