Storia di Milad, il bambino palestinese che non tornò più a casa

DEBORAH PETRUZZO - E’ uno di quei romanzi che non vuole dare domande né risposte, né imporre un pensiero o una morale.

L'autore (Premio Pulitzer 2024) narra le vicende avvalendosi di numerose fonti e interviste, e quello che emerge da queste pagine ti lascia sgomento.

Milad Salama ha cinque anni ed è molto emozionato per la gita scolastica che lo aspetta. Il suo baba Abed ha comprato per lui una bottiglia di Tapuzina, un tubo di Pringles e un ovetto Kinder, la sua merenda preferita.

Il giorno della gita è arrivato, ma il tempo è pessimo: cielo grigio, raffiche di vento, pioggia a dirotto. Haifa, sua madre, osserva con ansia tutto ciò, ma prepara lo stesso con cura il suo bambino: lo aiuta a indossare la divisa della scuola privata, gli mette sulle spalle lo zainetto e lo vede schizzare via fuori dalla porta dopo avergli dato un bacio.

Suo padre Abed dorme ancora. Tuttavia è un giorno terribile per la comunità di Anata, un villaggio palestinese della Cisgiordania, a non troppa distanza da Gerusalemme. Dopo qualche ora, infatti, Abed scopre che c'è stato un terribile incidente «con un alto numero di vittime» sulla Jaba Road - che tutti hanno iniziato a chiamare «la strada della morte»: uno scontro tra un tir israeliano e uno scuolabus che non solo è stato ribaltato ma ha anche preso fuoco.

Inizia così la lunga giornata di un padre palestinese che vuole semplicemente ritrovare il corpo di suo figlio, sapere se sia vivo, riportarlo a casa.

Ecco, se la storia fosse ambientata in un altro luogo, forse sarebbe stato tutto facile. Ma ciò è - veramente - accaduto in una terra piena di confini, di muri che separano territori, di regole spietate e continui checkpoint che fanno perdere ore preziose, di controlli, notizie false, documenti sbagliati, diritti negati... sì, anche quello di un padre che vuole solo conoscere la sorte di suo figlio.

Apparentemente, soffermandoci sul titolo, può sembrare un racconto in cui seguiamo questo padre alla ricerca disperata del suo bambino, in verità questo è solo lo spunto da cui si diramano poi una serie di altre storie che vedono coinvolti non solo il passato dello stesso Abed Salama, ma anche di altri palestinesi e israeliani, e della storia stessa della Palestina.

Deborah Petruzzo
Accanto alla tragica cronaca dei bambini vittime dell'incidente stradale, è bene approfondire numerosi dettagli su quella che è stata e continua a essere la vita in quei territori, la formazione dello stato di Israele, la creazione dei muri, ma anche la Nakba, le Intifada, e tanti altri elementi essenziali per comprendere davvero quel che è accaduto e continua ad accadere anche oggi in quella Terra martoriata da un odio impossibile anche solo da descrivere.

Nathan Thrall (“Ho visto i miei concittadini festeggiare bambini morti; siamo al disumano”) con questo romanzo-reportage, descrive, attraverso le numerose interviste fatte ai vari protagonisti della vicenda, come sia vivere in un Paese occupato. E soprattutto mostra come tale tragedia (avvenuta nel febbraio del 2012) non sia stata solo un semplice incidente, ma il risultato di una politica di apartheid imposta da Israele nei confronti dei Palestinesi, per controllare le loro vite, e pian piano prendere sempre più i loro territori.

Vi invitiamo a recuperare questo libro. Non è finzione, è realmente avvenuto. Continua ancora oggi a verificarsi in forma ancora più terribile, non solo a Gaza, ma sì, anche nelle zone della Cisgiordania dove il libro è ambientato.

Leggere di Palestina non è mai facile, ma credo che sia essenziale farlo - soprattutto ora - per capire davvero quali siano i metodi di uno Stato nel mettere in ginocchio un popolo. Uno stato dichiarato “l'unica democrazia del Medio Oriente” e sostenuto da altri Stati 'Democratici'.

Nathan Thryll, “Un giorno nella vita di Abed Salama”, Neri Pozza, Vicenza 2024, pp. 272, euro 19, ebook euro 9,99. Traduzione di Christian Pastore. Collana “Bloom”.

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