BARI - Un altro tragico suicidio nelle carceri italiane, definito "annunciato" da Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), si è verificato nel carcere di Bari. La vittima è un uomo di 65 anni, originario di Gravina in Puglia, arrestato lo scorso 6 ottobre con l'accusa di aver ucciso la moglie. L'uomo è stato trovato senza vita nella sua cella dagli agenti della polizia penitenziaria.
Di Giacomo ha sottolineato che questo tipo di tragedie colpiscono soprattutto persone considerate più fragili e vulnerabili, come l’uomo coinvolto. La situazione, secondo il segretario del S.PP., è particolarmente grave a causa della mancanza di figure professionali quali psicologi, psichiatri e medici all'interno delle carceri, oltre alla carenza di personale penitenziario adeguatamente formato per gestire queste emergenze. “In queste condizioni non è possibile fare prevenzione,” ha dichiarato.
Il caso di Bari è solo l'ultimo di una lunga serie di suicidi avvenuti nelle carceri italiane: Di Giacomo ha riferito che, dall'inizio dell'anno, si contano 78 suicidi tra i detenuti, a cui si aggiungono altre decine di decessi in fase di accertamento. Un dato preoccupante, che sembra aggravarsi ulteriormente: “Si sta abbassando l'età media dei detenuti che si tolgono la vita – ora intorno ai 40 anni, ma con numerosi casi anche tra gli over 30 – e il 40% delle vittime rientra nella categoria delle persone fragili,” ha precisato.
Nonostante l’allarme lanciato da tempo, Di Giacomo denuncia un'inerzia da parte delle istituzioni: “Abbiamo sentito solo impegni politici e dichiarazioni, senza mai passare ai fatti concreti. Il rischio è quello di un’assuefazione, in cui il suicidio in cella viene ridotto a pochi righi nelle pagine di cronaca locale, come se non facesse più notizia.”
Tra le possibili soluzioni, il segretario del S.PP. propone l’applicazione più ampia delle pene alternative alla detenzione, come gli arresti domiciliari, nei casi compatibili. Questo, insieme a un rafforzamento dei servizi di assistenza psicologica, potrebbe non solo prevenire ulteriori suicidi, ma anche contribuire a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, che aggrava la crisi del sistema penitenziario italiano.