ROMA - Oggi, a Taranto, è attesa la cerimonia di riattivazione dell'altoforno 1 (AFO1) dello stabilimento ex Ilva, alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Tuttavia, la celebrazione di oggi risulta paradossale, poiché si tratta del ritorno a un passato inquinante e obsoleto: l’uso del carbone.
Un passato da dimenticare
Non c’è nulla di nuovo o innovativo da festeggiare. La riattivazione dell’AFO1, una vecchia carcassa di museo risalente a oltre sessant'anni fa, non rappresenta un passo avanti per l’industria italiana. Anzi, si tratta di una triste riaffermazione di un modello industriale che ha già dimostrato i suoi limiti e danni. La verità è che l’impianto, nel quale sono stati investiti ingenti fondi pubblici, dovrà essere nuovamente fermato per manutenzioni, a causa di problemi strutturali al crogiolo—la parte dell’altoforno dove la ghisa fusa viene separata dalle scorie. Questo componente rappresenta anche i maggiori rischi per la sicurezza e per l’ambiente.
Le conseguenze di una scelta irresponsabile
Quella di oggi è l’ennesima presa in giro nei confronti dei cittadini. Il senatore Mario Turco, vicepresidente del Movimento 5 Stelle e coordinatore del Comitato pentastellato su economia, lavoro e imprese, ha sottolineato come la cerimonia serva a nascondere una realtà scomoda: l’ex Ilva ha prodotto morte, inquinamento, perdite economiche e oltre 10 miliardi di euro di debiti, costati ai cittadini italiani in un susseguirsi di fallimenti. Con questo evento, il governo tenta di mascherare le problematiche strutturali e le reali condizioni dell'impianto, ignorando completamente la salute e la vita dei cittadini di Taranto.
Un futuro incerto
La scelta di riattivare un impianto così vetusto e problematico lascia presagire un futuro incerto per Taranto e per il suo popolo. La strada verso la sostenibilità e l’innovazione sembra ancora lontana, mentre il paese continua a essere ancorato a modelli industriali del passato. Invece di celebrare il ritorno al carbone, sarebbe più opportuno investire in energie rinnovabili e in tecnologie sostenibili, per garantire un futuro migliore per le prossime generazioni.
L’odierna cerimonia non rappresenta un segnale di progresso, ma un triste capitolo della storia industriale italiana che continua a ignorare i danni ambientali e sociali di scelte miope.