BARI – "Quando c'è un'aggressione quella ferita non si chiude mai," racconta Caterina Rotunno, medico di famiglia a Bari, ripercorrendo i suoi anni difficili come dottoressa in guardia medica, segnati da molestie e paure. "Certo, si trasforma in qualcosa di positivo, nel senso che è una spinta a sensibilizzare gli altri. Ma è brutto che, mentre sei lì per difendere la salute degli altri, venga lesa la tua."
Un incubo lungo anni
Sono trascorsi 13 anni dall'inizio delle molestie che hanno colpito lei e altre colleghe, e quasi 7 dalla conclusione del caso con l’arresto del molestatore a Monopoli, nel 2018. Ma i ricordi sono ancora vividi. "Nel mirino c’erano le donne," spiega. "Il soggetto telefonava alle guardie mediche e, se sentiva una voce maschile, non si presentava. Se invece sentiva una donna, allora arrivava, e da lì partivano le molestie."
Rotunno racconta come lei stessa abbia intuito il meccanismo e deciso di agire: "Ho creato il gruppo 'Medici della notte' per fare rete e affrontare la situazione. In quegli anni non era scontato trovare il coraggio di denunciare."
Oggi più sensibilità , ma ancora troppi rischi
Anche se ora non lavora più in guardia medica, il gruppo creato allora continua a esistere. "Abbiamo aperto una strada. Le nuove generazioni trovano più semplice approcciarsi a queste problematiche. È cambiata la sensibilità , ma non abbastanza. Ci sono ancora guardie mediche sguarnite, dove si lavora in solitudine e senza vigilanza," sottolinea Rotunno.
Alcune colleghe, dice, si organizzano autonomamente: "C’è chi chiede ai mariti o ai compagni di stare con loro durante il turno. Altre pagano di tasca propria un servizio di vigilanza."
Un messaggio importante
L’aumento delle aggressioni ai danni del personale sanitario è un problema trasversale: "C’è tanta violenza contro chi lavora in prima linea nella sanità ," afferma Rotunno. "Nonostante la maggiore sensibilità , servono azioni concrete per garantire la sicurezza. Un messaggio? Garantire la salute di chi ti cura."