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MOSCA - Il presidente russo Vladimir Putin ha dato ordine di avviare la produzione in serie dei missili ipersonici Oreshnik, lo stesso tipo di armamento testato recentemente in Ucraina. L'annuncio segna un'ulteriore escalation nella corsa agli armamenti e alimenta le preoccupazioni di un possibile ampliamento del conflitto.
Un’arma strategica ad alta tecnologia
I missili ipersonici Oreshnik rappresentano una delle innovazioni tecnologiche più avanzate nel panorama bellico russo. Questi ordigni sono in grado di viaggiare a velocità superiori a Mach 5, rendendoli difficili da intercettare dai sistemi di difesa convenzionali. Il test effettuato nei giorni scorsi in Ucraina avrebbe dimostrato l’efficacia di questi missili, che potrebbero rivoluzionare il campo di battaglia.
Putin, nel comunicare la decisione, ha sottolineato l'importanza strategica di rafforzare l’arsenale militare russo, presentando l’Oreshnik come un elemento chiave per "garantire la sicurezza nazionale" in un momento di crescenti tensioni globali.
L’allarme di Donald Tusk: “Minaccia di conflitto globale seria e reale”
La risposta internazionale non si è fatta attendere. Il presidente polacco Donald Tusk ha espresso profonda preoccupazione per l'evoluzione del conflitto, definendo la situazione "drammatica". "La guerra sta raggiungendo proporzioni che non possono essere ignorate. La minaccia di un conflitto globale è seria e reale", ha dichiarato Tusk, invitando la comunità internazionale a non sottovalutare i segnali di un’escalation che potrebbe coinvolgere più Paesi.
Prospettive globali e diplomazia in crisi
L’ordine di Putin per la produzione in serie degli Oreshnik arriva in un contesto di crescente isolamento diplomatico della Russia e di deterioramento delle relazioni con l’Occidente. Nel frattempo, la NATO continua a rafforzare le sue difese sul fianco orientale, in risposta a quella che considera una minaccia diretta alla stabilità della regione.
Gli esperti avvertono che l'introduzione su larga scala di missili ipersonici potrebbe cambiare drasticamente l’equilibrio strategico globale, aumentando il rischio di una corsa agli armamenti ancora più intensa.