Cristo in noi: Luce del mondo


SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI -
Presentare il libro di Antonio Calisi dal titolo Paolo, apostolo di Cristo, edito da Charisma, è davvero complesso, perché significa entrare proprio nel cuore pulsante del Cristianesimo. L'Autore, al quale per questo lavoro siamo grati, ci narra della storia antica della cristianità e ci conduce a scoprire la figura affascinante di Paolo di Tarso. L'Apostolo Santo ha posto le fondamenta della religione cristiana: Cristo non era cristiano. Era Cristo con tutta la Sua luce e basta. Luce del mondo e di tutti gli esseri umani, perché le Sue parole sono al di là di tempi e spazi. Certamente ognuno cerca se stesso attraverso il legame con il Cielo, attraverso i rituali delle religioni. Ma la Parola del Cristo mi sembra che si ponga oltre ogni parola.

San Paolo pone le fondamenta della Cristianità affinché si possa sentire Cristo vivere in noi per poi divulgare nel mondo tutto ciò che facilita il trascendere la natura umana per sentirsi parte del Tutto. Certo, ogni volta che si traduce un testo si tradisce in qualche modo l'Autore, perché le parole sono abissali e celano significati e sentimenti che in una lingua possono in parte emergere e in un'altra appaiono velati, se non addirittura nascosti.

Il Nuovo Testamento fu scritto in greco, che era in quel momento la lingua ufficiale, la lingua degli scrittori e dei colti, come d'altra parte anche oggi in Grecia si parla το γλωσσικό (il demotico), ma esiste una forma di lingua "purificata" (katharèvousa) che riproduce il greco antico. Nel 1976 fu adottato il “demotico” come lingua nazionale, che ha suoni diversi ed esprime emozioni che “katharèvousa” esprime differentemente... Ovviamente io mi esprimo con il demotico che appartiene a tutti, ma che certo non mi consegna ciò che davvero si cela nelle radici del pensiero.

L'Autore ci invita a riflettere sul nome stesso di Paolo, di Saul, “primo re degli ebrei”. Attraverso questo libro, la storia di Paolo la si incontra nel significato del suo nome in latino: paulus (di piccola quantità, piccolo…). Da Saul, nome del primo re degli ebrei, a Paolo, piccolo. Ma è proprio nel Vangelo che incontriamo i piccoli. Marco racconta che Gesù incontrò i bambini e li benedisse. E così si legge: «Or alcuni gli condussero dei bambini affinché li toccasse; ma i discepoli li sgridavano. Visto ciò, Gesù si sdegnò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me e non li ostacolate, perché di quelli come loro è il regno di Dio."» E Papa Francesco durante l'Angelus ha affermato: “Sapersi piccoli, sapersi bisognosi di salvezza, è indispensabile per accogliere il Signore. È il primo passo per aprirci a Lui. Spesso, però, ce ne dimentichiamo. Nella prosperità, nel benessere, abbiamo l'illusione di essere autosufficienti, di bastare a noi stessi, di non aver bisogno di Dio. Fratelli e sorelle, questo è un inganno, perché ognuno di noi è un essere bisognoso, un piccolo. Dobbiamo cercare la nostra propria piccolezza e riconoscerla. E lì troveremo Gesù.”

Nel libro di Antonio Calisi si sottolineano i viaggi di Paolo, compreso il naufragio a Malta. Ma ebbe difficoltà anche a Creta, a Sud nel Mar Libico, dove in una baia, appunto dedicata a San Paolo, Agios Pavlos, c'è una chiesetta in stile bizantino dedicata all'Apostolo in memoria del suo fermarsi a Creta per poi proseguire il suo viaggio. Mi reco ogni anno in una sorta di ricerca spirituale oltre che estetica, perché in questa baia il mare appare di cristallo e di notte il plancton crea effetti luminosi. Un luogo per pregare, quale unione con il Cosmo nel suo infinito mistero.

Questo libro evoca ineludibilmente le due opere di Caravaggio dedicate alla folgorazione di Saul sulla via di Damasco. Nell'opera conservata nella Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo, il Caravaggio si attiene alla teologia. Alla prima tela, anzi una tavola da cipresso, nota come Pala Odescalchi, venne infatti riscontrato un errore teologico: una condizione durante la quale l'essere umano non sembra avesse libero arbitrio. In ogni caso, Saul nella Pala Odescalchi divenne Paolo in quella Luce Cristica che avvolge la Natura tutta. Non si trattò di illuminazione, come alcuni sostengono, ma del principio di una trasformazione, secondo la mia ottica, ovviamente fallibile.

Questo libro ci invita appunto a trasformare noi stessi, il che non è facile. E fu Paolo che battezzò Lidia in Cilicia, citata negli Atti degli Apostoli, nella regione dell'odierna Kavala, lì dove termina, secondo quanto raccontatomi, con una linea immaginaria la via Traiana, lunga 330 km, voluta dall'Imperatore Traiano per facilitare le comunicazioni con l'Oriente: da Roma ad Egnatia fino a Kavala, attraverso il mare.

La conversione di Paolo, più che conversione, forse, come innanzi detto, potremmo dire trasformazione, e a questo punto vengono in mente proprio le due immagini del Caravaggio, relative alle suddette opere, che ci fanno intuire che Paolo lascia il vecchio Sé per costruire il nuovo Sé. Per tre giorni divenne cieco, il che vuol dire metaforicamente che in quei tre giorni iniziatici guardò dentro di sé. E allora, probabilmente, per trasformare il vecchio Sé guerriero decise di usare la scrittura rivolta non già alla persecuzione di Cristo, ma alla costruzione del Cristianesimo affinché potessimo sentire Cristo in noi come egli ebbe modo di sentire in sé lungo la via di Damasco.

Infine, dopo aver tanto viaggiato e scritto, l'Apostolo santo si recò a Roma, dove fu arrestato e decapitato. Nel libro di Calisi vi sono molte parti che fanno riflettere: Paolo non percepiva “corpo, anima e spirito” come separati, ma interconnessi. È infatti l'insieme che costruisce l'essere umano completo: non si può dunque non osservare la modernità di San Paolo. Le Scuole psicoanalitiche affermano che siamo un unicuum. L'Apostolo ci fa notare che il “corpo”, quale strumento di conoscenza, è essenziale nel cristianesimo: "Questo è il mio corpo", dice Gesù nell'Ultima Cena, che poi risorge con il corpo, cura e guarisce i corpi per guarire l'anima.

Il corpo, pertanto, va curato ovviamente non in modo narcisistico, non da oggetto da mercato come in parte accade nella nostra affascinante ma inquietante contemporaneità. Non è mio costume esprimere giudizi di nessun genere, ma si nota come il corpo femminile e il corpo maschile vengano talora mercificati. San Paolo ribadisce che il corpo è tempio dello Spirito e che l'anima è sede delle emozioni: corpo, anima e spirito si connettono a Dio e collaborano per realizzare una vita di santità. Il che vuol dire trascendere la nostra natura. Marion Milner, la grande psicoanalista britannica, in un suo lavoro afferma che il corpo è la nostra croce e insieme delizia, ma va assolutamente rispettato.

Attraverso le “Epistole” San Paolo invita i credenti a vivere una vita in modo integro ed integrale, per cui ogni parte dell'essere umano viene dedicata a Dio: i nostri pensieri e i nostri sentimenti, attraverso Cristo, sono consegnati al Padre.

A pagina 114 si legge che già “dall'attimo della Creazione l'uomo è conosciuto e destinato da Dio ad essere identico all'immagine del Figlio”. La tripartizione di Paolo “spirito, anima e corpo” è davvero straordinaria, perché la psicoanalisi ci riporta alla totale corporeità, all'interazione dei sensi con i quali costruiamo la mente. Le emozioni, infatti, sono la madre del pensiero (Cfr. M. Blanco) ed è quando si priva di questa possibilità gli esseri umani con la robotica e la cosiddetta “Intelligenza artificiale”, per niente intelligente, che li depauperiamo della capacità di pensare e di sentire, vale a dire di essere liberi, bensì asserviti ai poteri dominanti.

L’incarnazione, sostiene San Paolo, è quel mistero profondo che unisce in sé la divinità e l’umanità di Cristo come si legge a pagina 109. Il Cristo incarnato costituisce il fondamento della fede cristiana: quel Cristo che ci prende per mano e cammina con noi.
 
Le pagine di questo libro sono dense di riflessioni non ultima la citazione della “Lettera agli Efesini" in cui lApostolo invita i mariti ad amare le mogli come Cristo ha amato la Chiesa dando tutto Sé stesso fino all’ estremo sacrificio. Un amore che implica il sacrificio: una profonda verità perché non c’è amore senza sacrificio. Ognuno di noi, infatti, nella relazione, deve limitare parti di sé, ma oggi tutto ciò diviene un problema perché non si accettano limiti in una sorta di delirio di onnipotenza di natura narcisistica. Soprattutto dopo la cosiddetta pandemia da Covid-19 sembra che tutto sia dovuto e si dimentica quella unica Luce che può dischiudere le porte della Speranza in una vita nuova e intravedere lo Sposo che giunge nel cuore con il profumo del nardo ricordando il più grande poema d’amore che prefigura Cristo in noi: il Cantico dei cantici!

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto