Quelle 'Sterpaglie' nella nostra memoria
FRANCESCO GRECO - “Il tema fondamentale di quest’ulteriore lavoro letterario di Vittorio Buccarello viene enucleato nel significativo e suggestivo titolo che, attraverso le sterpaglie, richiama un passato ormai lontano rivisitato nella nostalgia del proprio io”.
Già nell’introduzione Francesco Fersini offre al lettore la password per accedere a “Sterpaglie di nostalgia” (Youcanprint 2024, pp. 172, euro 15,00, con un emozionante apparato fotografico), l’ultimo lavoro dello scrittore pugliese (Castrignano del Capo, Lecce, 1945) Vittorio Buccarello.
In perfetta sintonia con le pubblicazioni precedenti (“La voce che sogna”, 2017, “Esuli del tempo”, 2020, “Camminando sulle foglie”, 2021, “Mamma Oronza: la voce della fede”, 2022), modulato sulla memoria riletta sul piano ideale e dei valori del mondo di ieri.
Echi, illuminazioni, urla, i sentimenti quotidiani di chi quel mondo contadino lo ha vissuto intensamente, da protagonista, in tutte le sue infinite facce e metamorfosi, nel pubblico e nel privato, nel mondo del lavoro (anche con l’emigrazione in Svizzera, col padre, poi da abile muratore, quindi operaio calzaturiero) e nella vita politica, sociale, e oggi anche culturale con una sensibilità sempre viva, che porta lo scrittore e poeta a far rivivere e condividere con le nuove generazioni il sostrato socio-antropologico, etico, spirituale di quel mondo, oggi che una comunicazione confusa e a tratti violenta, tende a espropriare quel patrimonio di valori mai relativizzati per omologare l’uomo a modelli lontani anni-luce dalla sua storia, percezione, idea di futuro.
Precisa meglio Fersini abbozzando l’ontologia e la semantica del lavoro: “Un’amara riflessione ci porta a scoprire o meglio riscoprire l’essenza delle nostre radici, la nostra storia di sfruttamento e patimenti, ci fa cogliere e individuare identità o differenze con il presente…”.
Come le pubblicazioni precedenti, il lavoro propone la versione dialettale, quasi a rimarcare un’appartenenza genetica, un ancoraggio a un territorio, il Salento che fu greco, il Mediterraneo, letto come un cordone ombelicale forte e dialettico, e la traduzione in lingua. E, altra caratteristica ricorrente nell’opera di Buccarello (“pensiero e cuore”), la narrazione sospesa fra poesia e prosa, con un delizioso gioco intellettuale venato da una grazia e un’innocenza che coinvolge e conquista.
“Su questa terra dove sono nato, / ho trovato solo lavoro e sudate / e su queste rocce poi sono cresciuto / con poco pane e tante mazzate”.
Vola alto con versi teneri, struggenti e a tratti disincantati e una prosa che dipinge il recente passato con pennellate efficaci, attraversate da una nostalgia come da un fatalismo che impregna il sentire di tutti noi meridionali.
Un lavoro prezioso, di uno scrittore operaio appartato (è nonno di due splendidi nipotini), che lavora sul passato e la memoria di cui fa dono ai contemporanei, per evitare vuoti pericolosi, affinché il mondo che verrà sappia del suo retroterra e costruisca un futuro più umano e meno doloroso.
“Distese dal manto d’argento / tra le pietre bruciate dal sole, / sagome intrecciate dal tempo, / sulla terra abbracciata dal mare” (Salento ulivi e tormento). Una dichiarazione d’amore per una terra che, per quanto aspra e ingenerosa, mai è letta come matrigna, ma madre che dona ai suoi figli il poco che ha.