Sognando l’arcobaleno


SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI
- "Il Signore ci conceda comunque, dopo che abbiamo tanto trepidato e sofferto per i guasti del diluvio, di contemplare a lungo la curva luminosa dell’arcobaleno e di prendere atto che, nel cielo, il rosso di sera non si è ancora scolorito". (Don Tonino Bello)

I nostri sguardi, come fiori nel deserto, seguono il corso del Sole, della Luce che illumina a tratti il cammino oscuro dell’umanità.
Abissale e inimmaginabile è la distanza tra noi e Dio, sempre imperscrutabile al di là dei tanti nomi con i quali viene invocato da confessioni religiose diverse: eppure nella notte di 2024 anni fa il tempo diventò eternità e l’infinita lontananza tra l’uomo e Dio divenne un poco più accessibile. Qui si tratta dell’esperienza del divino nella carne. In tal senso, per noi non è esprimibile l’esperienza d’Amore di Dio sulla Terra: il mistero della nostra esistenza ci avvolgerà sempre. Ci rimane l’atto di fede nei Suoi confronti. Ma la fede, che comprende in sé il senso dell’affidabilità e della fiducia, scaturisce dall’Amore, da quel sentimento impronunciabile che consente di riconoscere se stessi nell’Altro da sé, nell’Estraneità, nell’Alterità.

In alcuni luoghi del pianeta ancora oggi si celebrano le feste solstiziali invernali. Sono rituali di profondo significato religioso e si accendono fuochi nella notte della Vigilia. Oggi il fuoco è spesso sostituito da alberi pieni di luminarie che dalla terra vanno verso il cielo e illuminano le notti più lunghe dell'anno.

La festa di Natale cristiano, prossima al solstizio d'inverno, coincide anche con la nascita di divinità di altri pantheon religiosi, tra cui Horus in Egitto; Melqart in Fenicia; Krishna in India; Mitra in Persia; Dioniso in Grecia e Natalis Solis Invicti a Roma. I Saturnalia erano feste dedicate a Saturno, il dio romano che presiedeva all'agricoltura e alla semina. Ho letto che in epoca imperiale i Saturnalia si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, periodo fissato dall’imperatore Domiziano. Le feste seguivano la semina in attesa del ritorno del sole.

Natale significa "nascita". La festività del Dies Natalis del Solis Invicti veniva celebrata nel momento dell'anno in cui la durata del giorno cominciava ad aumentare dopo il solstizio d'inverno: la "rinascita" del Sole. Per i cristiani, e dunque per me che non nego di credere nel Vangelo che con il suo messaggio rivoluzionario si pone al di là di ogni tempo e spazio, dopo la meditazione autunnale e la semina del grano tutto rinasce dopo il solstizio d’inverno, quando il sole sembra fermarsi in cielo. Il buio della notte ci avvolge prima del lento ritorno della luce invincibile sulle tenebre.

E spesso mi chiedo: riuscirà la nostra obnubilata coscienza a ritrovare se stessa in questo mondo insanguinato? Il 25 dicembre sarà un nuovo "Natale" che aprirà le porte al 2025, proclamato dall’ONU Anno della Fiducia e della Pace? Dopo essersi convertito al cristianesimo nel 330, l'imperatore Costantino per la prima volta festeggiò la natività di Gesù nel giorno del Sol Invictus. Il "Natale Invitto" divenne il "Natale" cristiano.

L’Incarnazione, per i vari riti cristiani, rappresenta la trasformazione della storia umana. L’effimero e l’assoluto, il corpo e la mente, la carne e lo spirito si ritrovano così in una dimensione altra della conoscenza, intesa nel suo metaforico significato di “nascere insieme” agli altri ad esperienze differenti della vita e della morte. Luca narra che gli fu dato il rotolo del profeta Isaia... Gesù trovò ciò che di sé era già scritto. È lo Spirito di Dio che lo guidava e lo inviava ad annunziare ai poveri in tutti i sensi un lieto messaggio. Fuor di metafora, si tratta sempre di tutto ciò che “appartiene al dominio dell’Amore”: i poveri tutti, noi compresi, poveri in qualche modo nella mente, nel corpo e nell’anima, abbiamo sempre molto bisogno di un lieto messaggio che lenisca la disperazione, le sofferenze, il sentirci inermi dinanzi al mondo.

Lo Spirito di Dio inviò Gesù a proclamare ai prigionieri la liberazione e a ridare ai ciechi la vista: la prigionia della mente e del cuore induce, infatti, una sensazione penosa di impossibilità, di annientamento, di frantumazione totale del Sé. Essere ciechi, poi, determina quella terrifica esperienza di panico che coglie coloro che non trovano più né sentieri né direzioni: brancolare nel buio, a ludibrio e alla mercé degli altri, rende l’essere umano dipendente in una condizione di totale subordinazione.

Il Giubileo della Speranza, voluto da Papa Francesco, in realtà è “un’esclamazione di gioia”, un “gaudio ineffabile” per un evento che ha cambiato la storia dell’umanità, che ha cancellato il “debito”. La Speranza che la morte non abbia l'ultima parola: una morte del corpo, del pensiero, dell'anima, del cuore, dei sentimenti buoni...

Il Novecento è stato il secolo dello sviluppo tecnologico, delle grandi rivoluzioni sociali e culturali, ma le meravigliose scoperte si sono drammaticamente intrecciate con gli olocausti, i genocidi, le urla delle torture, le perversioni compiute sempre più spesso nei confronti degli innocenti. Nulla però sembra cambiato : conflitti, guerre, sfruttamento, violenze di genere, il Dio Quattrino sull’altare della mercificazione, pandemie “pandemoniche “ utilizzate per terrorizzare, la cosiddetta Intelligenza artificiale che nulla ha di intelligenza essendo solo un ausilio tecnologico e così via… 

Ma il male, come si sa, si alterna al bene, la notte segue il giorno così come la morte fatalmente prende il posto della vita. Certo spesso noi ci comportiamo come l’uomo preistorico: si passa subito “all’atto” invece di pensare, di gestire l’ansia e le emozioni, le pulsioni e le passioni, di comprendere il significato dei desideri, di accettare i limiti della propria umana condizione. Esprimiamo in misure diverse la forza del potere, del denaro che dispendiamo per dimostrare a noi stessi e agli altri di valere in qualche modo, delle armi per soggiogare e subordinare. 

Ma i nostri pensieri sono già memoria per le generazioni future. Questo millennio vedrà la nostra morte, la nostra fine, il nostro vero limite. Eppure c’è un modo per cui anche questi anni possano appartenerci profondamente ... Non è un grande segreto: tutt’altro… In realtà si tratta di essere consapevoli dell’essere vivi nella gioia della conoscenza, nella possibilità che avremo ancora di lasciare traccia del nostro breve passaggio sulla Terra, nella fede nei valori umanitari. 

In tale dimensione gli scenari e gli orizzonti dell’Occidente potrebbero aprirsi veramente all’Alterità con l’affermarsi del “pensiero plurale” e il grande incontro con le culture Altre e con la Differenza. Non a caso Ernesto Balducci ha scritto che “Noi stiamo vivendo, appunto, questa nuova fase costituente che potrebbe dar vita ad una forma di umanità all’altezza della crisi, in grado cioè di trasformare le circostanze della catastrofe in nuove con[1]dizioni di crescita”.

Questa è forse la sfida degli anni che verranno , a cominciare dal 2025 : noi, popoli dell’Occidente, se non vogliamo conoscere il tramonto inesorabile della nostra storia, dobbiamo necessariamente incominciare a scrutare con sentimenti di Speranza rinnovata il futuro con quella “ esperance “ che leggiamo in lingua francese e ci restituisce il senso della dinamicità delle cose con la consapevolezza che la Pace è una conquista quotidiana data la nostra malcelata natura di “ predatori”. 

Dalla scissione all’integrazione, dall’odio all’amore, dalla radicalizzazione dei sentimenti alla possibilità del confronto e del dialogo per un anno di grazia come desidrato da Papa Francesco e dall'ONU. È dunque indispensabile recuperare le radici della storia dell’umanità e comprendere che la vera solidarietà ha bisogno della condivisione dei problemi, senza i falsi “buonismi”, senza quei vistosi pacchi di Natale donati a coloro che sono in stato di disagio come se si nutrissero una tantum, pacchi che spesso pongono in parte a tacere i nostri sensi di colpa e che forse nascondono quel “pensiero gerarchico” che invece marginalizza proprio la diversità e non consente quella libertà e quel riscatto, che garantiscono la rigenerazione e l’identità quale processo dinamico all’interno di un continuum storico.

Oggi più che mai è necessario essere pronti ad accogliere con gioia le infinite rappresentazioni della realtà, a costruire insieme all’Altro il progetto di una civiltà nuova attraverso la testimonianza quotidiana della relativizzazione delle proprie idee e del proprio pensiero. La solidarietà presuppone, infatti, la capacità di non lasciar solo l’Altro, di condividere i problemi, di riconoscere l’Altro dentro di Sé. È fondamentale, infatti, essere consapevoli che la storia umana è una costruzione comune e che tutti riceviamo da tutti in termini di esperienze, tradizioni e cultura: è essenziale credere nel valore della persona in una società complessa... 

Soltanto in tale ottica sono possibili la trasformazione della storia, il cambiamento in positivo, il pieno recupero dell’identità e della dignità umana: nella reciprocità, infatti, è possibile incontrare l’Altro che non è l’Estraneità, bensì qualcuno che in ogni caso è parte di noi. E forse a questo punto si può terminare riflettendo sul pensiero di Don Tonino Bello: ed è così che la Terra sarà avvolta dall'arcobaleno, non avrà frontiere e ancora gli occhi di tutti saranno fissi sopra di Lui: il Bimbo di Betlemme.

Buon Natale e luminoso Anno 2025!