A Toritto convegno sul tema “Luci ed ombre dell’Intelligenza Artificiale”
FILIPPO BOSCIA - L’intelligenza artificiale è oggi una realtà che sta rivoluzionando molti
ambiti e sta trovando interessanti applicazioni anche nel campo della Medicina.
È una scienza in progress, forse una delle più affascinanti dell’odierno sviluppo
tecnologico.
Scienza di immensa potenzialità che ci anticipa un futuro fatto di macchine (hardware e software) in grado di agire più automaticamente che autonomamente nello svolgere compiti e funzioni complesse che fino a pochi decenni fa solo l’uomo poteva svolgere.
Scienza di immensa potenzialità che ci anticipa un futuro fatto di macchine (hardware e software) in grado di agire più automaticamente che autonomamente nello svolgere compiti e funzioni complesse che fino a pochi decenni fa solo l’uomo poteva svolgere.
Appare del tutto chiaro che l’intelligenza artificiale può dare alla nostra vita un apporto
positivo ma, pur inseguendo e considerando l’innovazione non come strumento
antagonista ma come strumento amplificatore e facilitatore, non dobbiamo dimenticare il
ruolo dell’umano.
È opportuno oggi affrontare tutti i quesiti sull’umanesimo in una società digitale e riflettere su tutti i campi, soprattutto quello della Medicina, in cui l’utilità dei sistemi appare stratosferica.
Sicuramente gli algoritmi con l’intelligenza artificiale danno più rapide risposte rispetto a quelle umane.
In epidemiologia, ad esempio, l’I.A. funziona benissimo, altrettanto nelle ricerche bibliografiche, nell’assemblare i dati di soft marker e nel delicato campo della prevenzione. L’I.A. ci offre la capacità di esaminare, con approccio induttivo, un’enorme mole di dati, fornendo correlazioni di aiuto, informazioni significative, a costi inferiori.
Da questo punto di vista non v’è proprio alcun dubbio: è tecnologia buona, fa cose al nostro posto, con maggiore precisione e migliore capacità di analisi. Grandi sono ormai le possibilità tecnologiche offerte anche ai medici, ma occorre sottolineare la preoccupazione che un uso incontrollato possa danneggiare la relazione con il malato.
Ritorna opportuno quindi fare una raccomandazione: Stiamo attenti a non togliere tra paziente e medico i canali diretti di comunicazione e di alleanza. La possibilità di provare reciproci sentimenti di compassione e di sostegno sono insostituibili mezzi per superare la crisi umana connessa alla malattia, ma anche nei casi gravi ad affrontare la prospettiva della morte.
Mai escludere dai percorsi di diagnosi e cura il massimo caposaldo della Medicina che è l’umanizzazione!
È fondamentale che umanità e umanizzazione in Medicina si armonizzino in positivo con la tecnologia. Per esempio, se il medico si libera, grazie all’intelligenza artificiale, di una parte importante del suo lavoro burocratico, amministrativo e gestionale, nei percorsi diagnostico-terapeutici, troverà più tempo per la relazione colloquiale con il malato. Non dimentichiamo che all’I.A. non sono affidabili capacità empatiche; l’I.A. non può interpretare e comunicare emozioni; non può sostituire l’ideazione e l’intuizione dell’essere umano, né può avvalersi di quelle facoltà, ampie e articolate, che conducono a scelte pro attive e vincenti.
In sintesi riemerge il ruolo dell’umano, come assolutamente indispensabile per orientare il cammino della tecnoscienza: Il dinamismo della tecnica potrà nella società 5.0 svolgersi in modo ottimale solo sotto la guida dell’umano.
L’I.A. e Chat Gpt potranno anche produrre discorsi, statistiche, report collegiali, migliori imaging, ma nulla potrà sostituire in toto il medico nel generare risposte appropriate, le migliori e le più alleate con il paziente.
Una visione della Medicina fatta di soli algoritmi è altamente disumana e disumanizzante. In ogni ambito disciplinare occorre sottolineare prerogative, cognitive, creative, decisionali ed etiche. Una rivoluzione sì, ma controllata sempre più dall’umano.
Senza l’umano che la concepisca, nessuna tecnologia esisterebbe, nemmeno la sorprendente Intelligenza Artificiale!
È opportuno oggi affrontare tutti i quesiti sull’umanesimo in una società digitale e riflettere su tutti i campi, soprattutto quello della Medicina, in cui l’utilità dei sistemi appare stratosferica.
Sicuramente gli algoritmi con l’intelligenza artificiale danno più rapide risposte rispetto a quelle umane.
In epidemiologia, ad esempio, l’I.A. funziona benissimo, altrettanto nelle ricerche bibliografiche, nell’assemblare i dati di soft marker e nel delicato campo della prevenzione. L’I.A. ci offre la capacità di esaminare, con approccio induttivo, un’enorme mole di dati, fornendo correlazioni di aiuto, informazioni significative, a costi inferiori.
Da questo punto di vista non v’è proprio alcun dubbio: è tecnologia buona, fa cose al nostro posto, con maggiore precisione e migliore capacità di analisi. Grandi sono ormai le possibilità tecnologiche offerte anche ai medici, ma occorre sottolineare la preoccupazione che un uso incontrollato possa danneggiare la relazione con il malato.
Ritorna opportuno quindi fare una raccomandazione: Stiamo attenti a non togliere tra paziente e medico i canali diretti di comunicazione e di alleanza. La possibilità di provare reciproci sentimenti di compassione e di sostegno sono insostituibili mezzi per superare la crisi umana connessa alla malattia, ma anche nei casi gravi ad affrontare la prospettiva della morte.
Mai escludere dai percorsi di diagnosi e cura il massimo caposaldo della Medicina che è l’umanizzazione!
È fondamentale che umanità e umanizzazione in Medicina si armonizzino in positivo con la tecnologia. Per esempio, se il medico si libera, grazie all’intelligenza artificiale, di una parte importante del suo lavoro burocratico, amministrativo e gestionale, nei percorsi diagnostico-terapeutici, troverà più tempo per la relazione colloquiale con il malato. Non dimentichiamo che all’I.A. non sono affidabili capacità empatiche; l’I.A. non può interpretare e comunicare emozioni; non può sostituire l’ideazione e l’intuizione dell’essere umano, né può avvalersi di quelle facoltà, ampie e articolate, che conducono a scelte pro attive e vincenti.
In sintesi riemerge il ruolo dell’umano, come assolutamente indispensabile per orientare il cammino della tecnoscienza: Il dinamismo della tecnica potrà nella società 5.0 svolgersi in modo ottimale solo sotto la guida dell’umano.
L’I.A. e Chat Gpt potranno anche produrre discorsi, statistiche, report collegiali, migliori imaging, ma nulla potrà sostituire in toto il medico nel generare risposte appropriate, le migliori e le più alleate con il paziente.
Una visione della Medicina fatta di soli algoritmi è altamente disumana e disumanizzante. In ogni ambito disciplinare occorre sottolineare prerogative, cognitive, creative, decisionali ed etiche. Una rivoluzione sì, ma controllata sempre più dall’umano.
Senza l’umano che la concepisca, nessuna tecnologia esisterebbe, nemmeno la sorprendente Intelligenza Artificiale!