Porta Portese vs Torre di Babele
FRANCESCO GRECO. ROMA -“C'è la vecchia che ha sul banco / foto di Papa Giovanni / lei sta qui da quarant'anni o forse più...”, (Claudio Baglioni).
Camicie a 4 euro, jeans e scarpe a 9, giacche primaverili a 10, pellicce (sintetiche) anche a 10, vere a 30... La domenica dei Romani è anche Porta Portese, una sorta di Torre di Babele, un intreccio di lingue, etnie, colori, profumi, odori a Testaccio, in fondo a Viale Trastevere. Si respira la stessa aria popolare che da noi c'è alle fiere paesane: Santa Domenica, Santu Dunatu, Santu Roccu, Santa Marina...
Nella domenica di quasi primavera, è come la macchina del tempo: a uno slargo, facendo uso di autotune, un tale canta “I Like Chopin”, dei Gazebo, anni Ottanta. A un altro, si torna ancora più indietro, anni Settanta, un gruppo rievoca i Led Zeppelin, chitarre acustiche, rock duro.
I turisti si aggirano fra l’intreccio barocco di bancarelle con l’aria trasognata, come dentro una favola: non sanno cosa cercano, ma appena lo vedono, il loro sguardo si accende di eccitazione.
Vi si trova di tutto: vecchi libri di cui ci si era dimenticati, stampe ingiallite, berretti e gradi di militari, orologi e sveglie dell’altro secolo, quadri d’autore e croste, ferri da stiro a carbone, oggetti indefinibili, unici, etc.
Incontriamo un vecchio amico, che qui è di casa e ci sussurra all’orecchio: “Tutta roba rubata!”. In effetti alcuni venditori non sembrano essere stati educati dai Salesiani, infatti uno urla: "Chi s'è perse e corna?". Alle spalle ha quelle di un toro: interesseranno a qualcuno?
E poi che importa? I venditori usano sofisticate tecniche di marketing, pensano loro. Non ci sono prezzi fissi: dal tuo sguardo colmo di luce capiscono che vuoi davvero quella cosa, per cui fanno il prezzo. Ma noi veniamo dal Sud, dal suk arabo, i mercatini di paese: le nostre mamme, vere attrici, ci hanno insegnato che occorre trattare, rilanciare, fare teatro, scena, contro-rilanciare. Così, verso mezzogiorno, quando scantoniamo in un baretto su Viale Trastevere (vicino al Ministero della Pubblica Istruzione) per un cappuccino, ci portiamo a casa un dipinto di Giacomo Balla, anni Venti dell’altro secolo, torinese trapiantato a Roma, titolo: “Inno patriottico a Piazza di Siena”, chiesti 100 euro, dati 50 e una caricatura di un ufficiale dell’ARMIR (l’Armata italiana in Russia con scarponi di cartone), chiesti 20, pagati 10. il bilancio della domenica è più che buono.
Arrivederci a domenica prossima, punteremo sulle pellicce di volpe o lupo o astrakan (per fare contente le mamme) da 30 euro.
Sono vere, perché, ci spiegano, gli animalisti hanno fatto crollare il prezzo delle pellicce. Ma alle donne diremo di averle prese nei luccicanti negozi del centro a 3mila euro. Magari, chissà, ci crederanno...
(A ragà ma che hai fatto?
ma sti carzoni li voj o non li voj?).
ph Francesco Greco
Camicie a 4 euro, jeans e scarpe a 9, giacche primaverili a 10, pellicce (sintetiche) anche a 10, vere a 30... La domenica dei Romani è anche Porta Portese, una sorta di Torre di Babele, un intreccio di lingue, etnie, colori, profumi, odori a Testaccio, in fondo a Viale Trastevere. Si respira la stessa aria popolare che da noi c'è alle fiere paesane: Santa Domenica, Santu Dunatu, Santu Roccu, Santa Marina...
Nella domenica di quasi primavera, è come la macchina del tempo: a uno slargo, facendo uso di autotune, un tale canta “I Like Chopin”, dei Gazebo, anni Ottanta. A un altro, si torna ancora più indietro, anni Settanta, un gruppo rievoca i Led Zeppelin, chitarre acustiche, rock duro.
I turisti si aggirano fra l’intreccio barocco di bancarelle con l’aria trasognata, come dentro una favola: non sanno cosa cercano, ma appena lo vedono, il loro sguardo si accende di eccitazione.
Vi si trova di tutto: vecchi libri di cui ci si era dimenticati, stampe ingiallite, berretti e gradi di militari, orologi e sveglie dell’altro secolo, quadri d’autore e croste, ferri da stiro a carbone, oggetti indefinibili, unici, etc.
Incontriamo un vecchio amico, che qui è di casa e ci sussurra all’orecchio: “Tutta roba rubata!”. In effetti alcuni venditori non sembrano essere stati educati dai Salesiani, infatti uno urla: "Chi s'è perse e corna?". Alle spalle ha quelle di un toro: interesseranno a qualcuno?
E poi che importa? I venditori usano sofisticate tecniche di marketing, pensano loro. Non ci sono prezzi fissi: dal tuo sguardo colmo di luce capiscono che vuoi davvero quella cosa, per cui fanno il prezzo. Ma noi veniamo dal Sud, dal suk arabo, i mercatini di paese: le nostre mamme, vere attrici, ci hanno insegnato che occorre trattare, rilanciare, fare teatro, scena, contro-rilanciare. Così, verso mezzogiorno, quando scantoniamo in un baretto su Viale Trastevere (vicino al Ministero della Pubblica Istruzione) per un cappuccino, ci portiamo a casa un dipinto di Giacomo Balla, anni Venti dell’altro secolo, torinese trapiantato a Roma, titolo: “Inno patriottico a Piazza di Siena”, chiesti 100 euro, dati 50 e una caricatura di un ufficiale dell’ARMIR (l’Armata italiana in Russia con scarponi di cartone), chiesti 20, pagati 10. il bilancio della domenica è più che buono.
Arrivederci a domenica prossima, punteremo sulle pellicce di volpe o lupo o astrakan (per fare contente le mamme) da 30 euro.
Sono vere, perché, ci spiegano, gli animalisti hanno fatto crollare il prezzo delle pellicce. Ma alle donne diremo di averle prese nei luccicanti negozi del centro a 3mila euro. Magari, chissà, ci crederanno...
(A ragà ma che hai fatto?
ma sti carzoni li voj o non li voj?).
ph Francesco Greco