Se l’intelligenza artificiale compete con la coscienza umana


CESAR DUSHIMIMANA -
ROMA. Quando ho iniziato questo articolo, mi ha divertito il fatto che sia stato scritto da ChatGPT-4 tramite le istruzioni di Michael Watkins.

La domanda che mi è venuta in mente è stata: "Quanto tempo ha impiegato ChatGPT per ottenere questa meraviglia?”.

Navigando in Internet, mi sono reso conto che ci sono voluti solo circa 34 giorni con un'enorme quantità di set di dati stimati in 100 trilioni di parametri, inclusi ma non limitati ad articoli, libri, audio e video, per addestrare un modello completo come ChatGPT così com'è (Lambda Labs).

Ritorniamo al concetto di coscienza, che va oltre anche questa normale conoscenza. Come dice il filosofo David Chalmers “la coscienza è un processo fisico che emerge dal cervello”.

Diventa super sofisticato quando si arriva al punto in cui non solo semplici esseri umani dotati di cervello sono in grado di ragionare, ma anche altre Intelligenze Generali Artificiali (AGI) non biologiche ma avanzate con una capacità tale da essere in corrispondenza con gli esseri umani. Allora, come esseri umani, siamo ancora le uniche entità coscienti?

Ora è possibile utilizzare la coscienza che è completamente connessa alle risposte psicologiche e comportamentali e verificare la coscienza dell’AGI in relazione agli esseri umani. Gli esseri umani possono rispondere agli stimoli, che, il più delle volte, si basano su esperienze passate che coinvolgono il vissuto, innescando quindi emozioni e/o risposte: la cosiddetta coscienza.

Per gli esseri umani, questi processi sono biologicamente attivati e stimolano il potere cognitivo nella risposta agli stimoli che crea quindi stati di coscienza.

La coscienza ci permette di distinguere gli umani dalle altre entità nell’Universo. Al contrario, come proposto da pensatori come David Chalmers, Thomas Nagel, John Searle e Daniel Dennet, la coscienza è un'esplorazione multidisciplinare che ha coinvolto filosofi, neuroscienziati, e ora potenzialmente intelligenze artificiali. Pertanto, questa nuova prospettiva sulla coscienza si afferma saldamente nell’ambito dell’Intelligenza Generale Artificiale (AGI).

Sulla stessa linea, ma artificialmente, l'AGI segue sofisticati algoritmi addestrati su diversi parametri di dati operativi e regole semantiche.

Molti lo sostengono indipendentemente l’esistenza delle AGI esperte che comunque sono ancora istruite dagli umani nei loro comportamenti.

Tuttavia, con sforzi continui, imparando dal feedback umano (RLHF), gli AGI migliorano e (sempre meglio), finché questo divario non viene attenuato, rispecchiando così le reali capacità umane (IBM, 2023).

Questo processo viene eseguito attraverso una programmazione dinamica che addestra l'algoritmo attraverso un sistema di ricompensa e punizione.

Ad esempio, quando gli viene detto che ti piace qualcosa, cercherà di mantenere lo stile ogni volta che ripeti la stessa cosa.

Invece, quando gli verrà detto di evitare di fare o di ripetere qualcosa, continuerà ad astenersi dal farlo.

Col tempo, l’intelligenza artificiale (come il suo antagonista, l’essere umano), impara dall'esperienza e può essere in grado di prendere decisioni migliori in futuro.

Ora, dunque, il caso è da risolvere!

Gli AGI dovrebbero rimanere esplicitamente solo motori sintattici da cui partono algoritmi preimpostati? Dovremmo rifiutare il fatto che le AGI apprendono, crescono e migliorano con il tempo come fanno gli esseri umani? (o, nella maggior parte dei casi, anche meglio?)

Da tutti questi fatti, ora ho scoperto che la definizione di coscienza non dovrebbe essere limitata esclusivamente agli esseri umani; ma consente invece una considerazione più ampia, anche in ambiti non biologici.

Ancora una volta, l’intelligenza artificiale, non dovrebbe essere vista come una minaccia ma piuttosto come un’entità di coesistenza per avanzare insieme.

(traduzione dall’inglese di Deborah Petruzzo)