Sergio Rubini protagonista al Bif&st 2025: "Il cinema deve unire, non dividere"

ph_Clarissa Lapolla

BARI - Grande accoglienza per Sergio Rubini, attore, sceneggiatore e regista, protagonista dell’Incontro di Cinema di questa mattina al Teatro Petruzzelli per il Bif&st 2025. Dopo la proiezione del suo film Il viaggio della sposa e del cortometraggio La tela, Rubini ha espresso la felicità di tornare nella sua terra, la Puglia, che ha sempre raccontato attraverso il cinema, fin dagli esordi con La stazione nel 1989.

La Puglia come modello culturale

Rubini ha ricordato come all’inizio degli anni 2000 fosse ancora impensabile girare un film sulle spiagge salentine senza folla, mentre oggi la regione è diventata un punto di riferimento per la produzione cinematografica. "La Puglia, con la sua tradizione, la sua storia e i suoi paesaggi, dovrebbe fare da modello", ha dichiarato.

Il regista ha inoltre ribadito il suo desiderio di unire l’Europa attraverso l’arte, convinto che il cinema, la musica e la buona cucina siano strumenti non solo per rilanciare l’economia, ma per rimettere l’essere umano al centro delle priorità. "La forza del cinema è che non ha confini. Ciò che crea barriere e paura è l’ignoranza. Dovremmo puntare sulla cultura: il nostro vero patrimonio", ha affermato.

L'importanza del cinema nell'era dell'intelligenza artificiale

Rubini non teme che l’intelligenza artificiale possa sostituire sceneggiatori e scrittori: "Un algoritmo potrà generare solo un pubblico di algoritmi". Ha poi sottolineato la necessità di difendere le sale cinematografiche e i festival, minacciati dalla crescente digitalizzazione e dall’isolamento sociale generato dalla tecnologia. "Il mondo globale, in continua evoluzione, ci impone di sapere e ricordare chi siamo per non diventare altro".

Cinema e serialità: due linguaggi opposti

Secondo Rubini, il cinema rimane il mezzo migliore per diffondere un messaggio culturale, mentre la serialità televisiva è più simile a un "animale da compagnia". "Le serie che continuano all’infinito non spingono a riflettere. È nella conclusione di una storia che si manifesta il suo significato. Per questo il linguaggio cinematografico va salvato, perché salva noi".

Recitazione come viaggio interiore

Parlando della sua carriera, Rubini ha raccontato come la scrittura e la psicanalisi abbiano cambiato profondamente il suo modo di lavorare. Scrivere per lui è un "viaggio interiore dilaniante, un atto intimo in cui mettersi a nudo".

Ha poi affrontato il delicato rapporto tra regista e attore, citando Amleto di Shakespeare: "Un essere umano è più complesso di un legno con quattro buchi. Se trattiamo gli attori come strumenti senza considerare la loro anima, otterremo solo note stonate".

Infine, Rubini ha definito il mestiere dell’attore "un processo logorante in cui bisogna imparare a disimparare e tenere viva l’inesperienza". Ha concluso con una riflessione profonda: "Essere un attore, come un prete o uno psicanalista, significa sospendere il giudizio e accogliere il personaggio nella luce delle sue motivazioni".

Un incontro denso di spunti e riflessioni, che ha confermato il ruolo centrale di Sergio Rubini nel panorama culturale italiano.