Tra Natura e Cultura: la salute dell’essere umano


"Il medico cura, la natura guarisce."

— Aristotele

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - “Spezierie e farmacie in Terra di Bari” di Riccardo Riccardi, edito da Adda, è un libro straordinario, colmo di antica sapienza e delle ricchezze del nostro pianeta, che riguardano sia la cultura in generale sia, in modo particolare, la genesi e la nascita della farmacologia. L’opera è stata promossa dalla Fondazione Nicola e Vito Antonio Ruggieri - Scuola di Scienze Farmaceutiche per Laureati in Farmacia e Chimica e Tecnologia Farmaceutica.

Il libro, dedicato alla memoria del bisnonno dell’autore, il farmacista Francesco Paolo Riccardi di Matera, contiene una rara documentazione fotografica e rappresenta il modello di una ricerca certosina e accurata che si snoda tra i vari sentieri percorsi non solo dagli speziali di medicina dal Medioevo fino alla seconda metà dell’Ottocento. L’autore affronta dunque le ragioni che hanno determinato il cambiamento, facilitando il passaggio dall’essere “farmacisti borghesi” a “farmacisti imprenditori” tra l’Ottocento e il Novecento, sia nella Terra di Bari che nell’intero Mezzogiorno.

Un lavoro davvero complesso, che contiene documenti pressoché inediti rinvenuti in biblioteche e archivi pubblici e privati, oltre alle vicende biografiche di alcune famiglie di farmacisti. La prefazione è del Professor Roberto Perrone, già preside della Facoltà di Farmacia e attualmente direttore del Dipartimento di Farmacia - Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari. La preziosa e dotta introduzione è del Senatore Dott. Luigi d’Ambrosio Lettieri, Presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti Bari e BAT, Vicepresidente della FOFI (Federazione Ordini dei Farmacisti Italiani).

Si legge che trattasi di un libro, un volume che ricostruisce, tramite una certosina ricerca storica, le tappe che hanno segnato non solo le vicende degli speziali di medicina dal Medioevo fino alla seconda metà dell’Ottocento. Leggendo questo articolato lavoro non si può non pensare che la natura è madre e, a volte, matrigna.

Il termine farmaco deriva dal greco pharmakon, un rimedio contro una malattia e, al medesimo tempo, un veleno. Non a caso Plinio diceva che nella natura c'è la malattia, ma anche il rimedio. Tuttavia, nel momento in cui noi distruggiamo flora e fauna, che cosa rimarrà? Solo la malattia senza rimedio, se non nella speranza di un intelligere diverso.

E in questo meraviglioso excursus storico della scienza farmaceutica ci sostiene l’idea che tutto può essere risolto nel momento in cui l’essere umano ricorderà che “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (Dante, Inferno, Canto XXVI).

Si pensi che già Plinio il Vecchio, nel Libro XXV della “Naturalis Historia”, attribuiva alla Rosa canina l’efficacia di sanare gli idrofobi. Oggi, si legge nelle indicazioni cartacee che accompagnano vari prodotti, che alla Rosa canina si riconosce la presenza di vitamina C.

Intenso è l’invito alla responsabilità, al sapere consapevole che ogni nostra azione ha una causa e un effetto. Si legge che “alle origini della scienza medica farmaceutica è insito nell’uomo aver cura del proprio benessere e di allontanare da sé ogni agente aggressivo che possa ledere la propria salute”.

Invero, la cura del corpo, la tutela e la salvaguardia della vita appartengono a tutte le civiltà sin dagli albori della storia e in maggior misura da quando l’essere umano ha scoperto di essere mortale. Storia e leggenda confluiscono nel racconto dei grandi miti della storia umana. L’analisi della letteratura consente di acquisire una serie di preziose informazioni su un insieme di percezioni relative a quella che era definita come l’arte medica e farmaceutica, che non possono non essere in simbiosi, intrecciando i loro saperi affinché noi, esseri vulnerabili e fragili, possiamo coltivare la speranza di rivolgere lo sguardo all’eternità.

A Ippocrate si attribuisce la nascita della medicina come scienza. A lui si deve dunque quella frattura epistemologica che generò tutta la prassi medica occidentale e permise l’emergere di una diversa immagine dell’essere medico.

Di qui, l’invito di Ippocrate al massimo rispetto del paziente e alla rivalutazione del rapporto umano tra medico e paziente, che si rende necessario in virtù di uno stato di malattia e che pertanto va incanalato lungo i versanti della più totale fiducia e profonda interazione. Fu, dunque, la Scuola Ippocratica ad umanizzare il medico, liberandolo dalla magica atmosfera taumaturgica, rendendolo scienziato, ma automaticamente ed inconsapevolmente rendendolo prigioniero della sua stessa impotenza dinanzi al dolore del paziente, dolore che tentava di lenire, ma dal quale fuggiva per non dover affrontare il proprio.

Un dolore al quale giunge in soccorso la scienza farmaceutica, tant’è che leggiamo nella dissertazione dell’autore che “come per tutti i grandi avvenimenti della storia, anche i primi semi della farmacia sono germogliati nella grande culla del genere umano, l’antico Oriente”, e che le grandi civiltà come quella dei Sumeri, degli Assiro-Babilonesi, degli Egizi, dei Cretesi, dei Micenei e dei Cinesi si dedicarono all’arte farmaceutica per lenire le sofferenze umane.

Basti ricordare che Aristotele, nella Storia degli animali (cap. VII), riteneva che “le capre selvatiche di Creta, quando sono colpite da una freccia, si mettano a cercare il dittamo, che pare abbia la proprietà di far uscire il ferro dalla ferita”.

E non si può non fermarsi a riflettere sui riferimenti che leggiamo nel testo di Luigi d'Ambrosio Lettieri, su quanto narrato nei miti greci circa la buona salute legata all’armonia, perché senza integrazione tra corpo e mente, e dunque senza armonia, si infrange l’equilibrio interno e insorge la malattia.

Si apprende che fu proprio il Puer Apuliae, Federico II di Svevia, a separare la professione di medico da quella di farmacista, restituendo autonomia e funzioni, ma con un obiettivo unitario: il bene del paziente.

E in mente ritorna l'immagine del Caduceo: una verga con due serpenti simmetricamente intrecciati e due ali aperte alla sommità, oggi emblema dell'Ordine dei Medici e dei Farmacisti. Simbolo ermetico per eccellenza, che rappresenta la capacità del medico e del farmacista di tenere in equilibrio le parti.

In questo, erano davvero fondamentali i classici “medici di famiglia” e i “farmacisti”, veri e propri misteriosi alchimisti.

Non è certamente casuale che Michelangelo, di cui quest’anno ricorrono i 550 anni dalla nascita, abbia dipinto nella Cappella Sistina l’albero della conoscenza del bene e del male: un serpente attorcigliato all’albero e, sulla sommità, due braccia che indicano direzioni opposte.

A noi, dunque, consapevoli o meno a causa di tante variabili, la scelta della nostra vita.