Usura ed estorsione a Bari: 30 richieste di rinvio a giudizio per esponenti dei clan Diomede, Capriati e Strisciuglio
BARI - Si chiude con 30 richieste di rinvio a giudizio e 43 archiviazioni l’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Bari, su una lunga serie di episodi di usura ed estorsione aggravati dal metodo mafioso, avvenuti tra il 2009 e il 2018.
Protagonisti dell’indagine sono diversi esponenti di spicco dei noti clan baresi Diomede, Capriati e Strisciuglio. La Procura aveva inizialmente richiesto l’arresto di 56 persone coinvolte nell’inchiesta, ma la misura fu rigettata sia in primo grado sia in Appello. I giudici, pur riconoscendo “l’esistenza di una adeguata piattaforma indiziaria in ordine alla commissione di ciascuno dei delitti”, avevano ritenuto che la distanza temporale dai fatti — risalenti ormai a quasi 15 anni fa — rendesse non più proporzionata la custodia cautelare.
Tuttavia, l’attività investigativa proseguirà per 30 degli indagati che ora rischiano il processo, mentre per altri 43 soggetti è stata disposta l’archiviazione.
L’indagine partita dalla denuncia di un tabaccaio
A far scattare l'inchiesta fu, tra aprile e novembre del 2013, la denuncia di un tabaccaio, titolare della licenza numero 266. L’uomo, in un primo momento arrestato per usura, decise poi di collaborare con la giustizia, rivelando una fitta rete di prestiti a tassi usurari e richieste estorsive riconducibili a uomini legati ai clan mafiosi del capoluogo pugliese.
Grazie alle sue dichiarazioni e ai successivi riscontri investigativi, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire un sistema criminale ben radicato sul territorio, operante per quasi un decennio, e capace di esercitare un controllo capillare su diverse attività economiche locali attraverso intimidazioni e minacce.
Ora spetterà al Gup decidere se accogliere le richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Procura e mandare a processo i 30 indagati per usura, estorsione e associazione mafiosa.