Bari, la Procura chiede la condanna di Emiliano per diffamazione all’ex consigliere Cipriani


BARI
 – La Procura di Bari ha chiesto la condanna del governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, al pagamento di una multa di 2.000 euro per diffamazione aggravata nei confronti di Luigi Cipriani, ex consigliere comunale e responsabile del movimento politico Riprendiamoci il futuro.

I fatti contestati risalgono al 13 settembre 2018, quando Emiliano, durante una puntata del programma Viva l’Italia su Rete 4, aveva insinuato un legame tra Cipriani, il suo movimento politico e la criminalità organizzata del quartiere Libertà di Bari. Le dichiarazioni erano poi state riprese da diverse testate giornalistiche locali.

Cipriani si è costituito parte civile nel processo, chiedendo un risarcimento di 30.000 euro. La difesa del governatore, invece, ha chiesto l’assoluzione, sostenendo che le affermazioni rientravano nell’ambito della critica politica e che "il fatto non costituisce reato".

La difesa di Emiliano in aula

Durante la sua audizione in aula, Emiliano ha precisato di non aver mai voluto mettere in dubbio l’onorabilità di Cipriani:

"Non avevo alcuna intenzione di ledere l’onorabilità di Luigi Cipriani. So perfettamente che è una persona perbene e non ho mai pensato che avesse alcun legame con la criminalità organizzata. La mia era una polemica politica con l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che aveva bypassato le istituzioni locali per fare un comizio davanti a un circolo del quartiere Libertà di Bari".

Secondo il governatore, la visita di Matteo Salvini in quel quartiere senza coinvolgere le autorità locali era stata uno "sgarbo istituzionale":

"Salvini era andato in un quartiere complicato, con una forte tensione etnica e criminale, senza passare prima dalle istituzioni. Il presidente della Regione non attacca un ministro senza una ragione ferrea, infatti Salvini non mi ha mai risposto. Il destinatario delle mie dichiarazioni era Salvini, non Cipriani".

Ora spetterà al giudice decidere se le parole del governatore rientrino nella libertà di critica politica o costituiscano diffamazione aggravata.