Commenti – L'arroganza del Re nella "colonia" Italia
FRANCESCO GRECO - “Re Carlo tornava dalla guerra / lo accoglie la sua terra / cingendolo d’allor…”.
E’ tornato in mente Fabrizio De Andrè in quell’umida sera di primavera di tanti anni fa, Roma, Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano stracolmo all’inverosimile: uno degli ultimi concerti.
All’epoca non c’era ancora l’autotune, né altre sofisticatezze elettroniche. Voce, chitarra, una bottiglia di vino ai piedi: ogni tanto un sorso.
Ma anche il cantautore Nino Ferrer (Genova, 1934 – Francia, 1998): “Il re d'Inghilterra / dichiara la guerra / per mare e per terra / al re del Perù…”.
E, perché no? Anche Antonio Caprarica, Rai: ricordate tutte quelle corrispondenze da Londra? Ogni giorno ci informava sul colore del cappellino della Regina Elisabetta, buonanima. Gossip reale. Tempo fa l’ho incontrato a Leuca (bar Martinucci), era con la moglie Iolanta, pianista russa. Stavo per chiedergli news dell’outfit della sora Camilla, la nuova Regina moglie di Carlo III.
“Ma non ci sarà mai modo di / stare in pace senza / guerra a destra, guerra a sinistra /
la guerra è bella ma scomoda / disse non so chi”. (Ferrer).
Curiosa, stravagante tanta passione per le monarchie nel Paese, l’Italia, che il suo Re, il Savoia, lo ha sbattuto in esilio, mentre l’erede al trono del Regno delle Due Sicilie, Carlo I di Borbone, non è considerato. Cataloghiamola come una delle tante contraddizioni italian style.
Capolinea Atac, periferia, l’autobus è in ritardo. Chiediamo lumi a un autista in attesa di dare il cambio al collega: “C’è l’ingorgo a Piazza Venezia, tutta colpa del Re…”.
Nella piccola folla annoiata, un uomo dall’aria vissuta sibila: “Che c’entriamo noi con la monarchia? Noi siamo per la Repubblica e la democrazia…”. Una ragazza con un atout intellettuale riflette una attimo, corruga la fronte: “Speriamo di conservarla, la democrazia… I segnali sono brutti…”. Ipse dixit il popolo.
“Il re d'Inghilterra / dichiara la guerra /
per mare e per terra / al re del Perù /
che non lo salutava più”, (Ferrer).
Re Carlo e la Regina Camilla sono stati in Italia, e abbiamo visto l’accoglienza sotto il segno di un grottesco provincialismo. Mancavano solo i selfie e gli autografi. Non ci è piaciuta punto la sua arroganza, Maestà, sembrava voler rivendicare la sua colonia, e non ci sono piaciuti nemmeno quelli che glielo hanno fatto fare.
Ma, alla Lubrano, la domanda nasce spontanea: cosa è venuto a fare?
Lo sanno solo loro e chi li ha accolti sbavando. E’ una chiamata alle armi? Forse a Buckingam Palace hanno letto che il 94 per cento degli italiani non vogliono la guerra? E anche se sarà ripristinata la leva obbligatoria, il “partito delle mamme” proteggerà i figli trafficando, per farli esonerare, con insufficienze toraciche e piedi piatti.
E quindi, pur essendo la Gran Bretagna fuori dall’UE, si è precipitato per arruolare anche l’Italia nella Guerra Santa, la Crociata contro la Russia?
Sinora, nella prospettiva di un conflitto, l’Italia (dalla Meloni a Crosetto) è stata tiepida, perché il sentiment è contrario e chi oggi ha il potere (quella borghesia odiata da Pasolini che munge benefit), essendone stato escluso dal 1945 a oggi, intende conservarlo a ogni costo, per cui guazza nell’ambiguità.
Carlo d’Inghilterra, è risaputo, è il capo della massoneria internazionale. Qualcuno dirà: la massoneria va davvero per cicoria se si affida a un tizio così mediocre e anonimo.
E quindi la monarchia britannica non è solo folklore, cappellini, gonnellini e gossip, ma anche portatrice di interessi. Non siamo complottisti né terrapiattisti, ma sarebbe troppo facile parlare di globalismo atlantista, agenda 2030, WEF, BCE, Davos, etc.
I media hanno modulato sulla cipria, direbbe Montanelli, senza alcun contesto storico né background. Il Re ha assaggiato l’olio d’oliva. Eppure di materiali da decodificare ce ne sarebbero stati.
Una corrente di pensiero storico sostiene che dietro l’Unità d’Italia ci sarebbe stata la massoneria britannica, che l’avrebbe finanziata, per avere uno sbocco sul Mediterraneo. Re Carlo con una gaffe l’ha rivendicato, Garibaldi un loro uomo, Mazzini viveva a Londra. Va a finire che i neoborbonici hanno ragione.
Si sarebbe potuto parlare di quel che avvenne e di chi c’era sul panfilo “Britannia” a Civitavecchia il 2 giugno 1992: “Estate 1992: la crociera sul Britannia voluta da sua maestà che privatizzò I’Italia” (“Il Dubbio”, 22 agosto 2018). Per la cronaca, non si è mai saputo la list dei crocieristi, oltre a Draghi e, incredibile, anche Grillo. Pochi giorni prima, il 19 maggio, era stato assassinato Falcone e il “Britannia” era a Palermo. Poi Mani Pulite.
Ricordate Craxi che se la prendeva con gli oligarchi e con i magistrati invocando la loro responsabilità civile?
Sull’influenza diremmo quasi secolare della Gran Bretagna sulle cose italiche, Giovanni Fasanella e Josè Luis Cereghino hanno firmati il saggio “Il golpe inglese” (Chiarelettere, 2015).
“Ma non ci sarà mai modo di / stare in pace senza / cataclismi e reumatismi / la guerra è bella ma scomoda / e basta così”, (Ferrer).
Fatto sta che Carlo III è arrivato all’indomani della pronuncia pro guerra del Parlamento Europeo, che ha incartato anche l’educazione scolastica: il che è sinceramente aberrante. Viene in mente la Jugenbund di hitleriana memoria. Nella risoluzione su ReArmEurope (800 mld) si sollecitano “programmi educativi per preparare la società alla guerra”.
Per la storia, hanno votato a favore, PD: Annunziata, Bonaccini, Corrado, De Caro, Gori, Gualmini, Laureti, Lupo, Maran, Nardella, Picierno, Ricci, Ruotolo, Tinagli, Topo, Zan, Zingaretti. Forza Italia: Chinnici, De Meo, Dorfmann, Falcone, Moratti, Princi, Salini, Tosi. Fratelli d’Italia si è astenuto, che è come votare a favore: populismo di grana grossa.
Diciamolo: da tempo è in atto la ridefinizione semantica del termine democrazia. A chi non si adegua alla nuova concezione succede sempre qualcosa. Qualche esempio: “Cinque spari contro il premier slovacco Fico. Attentato per motivi politici”, “Il Giornale”, 15 maggio 2024. Crosetto, si diceva, era titubante: “Ciampino, atterraggio d’emergenza per il ministro Crosetto, fumo a bordo”, “Roma Today”, 14 giugno 2024”. All’algida Meloni tempo fa sfuggì una battuta: “Il limite è mia figlia...”. Dei tentativi contro il leader ungherese Orban non si sa molto.
Ma le strategie per ricondurre all’ovile le pecorelle smarrite sono diverse e poco ortodosse (blocco dei conti incluso). “Romania, Georgescu escluso dalle presidenziali: scontri a Bucarest”, RSI, 9 marzo 2025. “In Romania bocciata un’altra candidata di estrema destra per le elezioni”, “Il Fatto”, 15 marzo 2025.
Siamo il Paese dove sono stati assassinati: Enrico Mattei, Pasolini, Aldo Moro, Falcone e Borsellino e tantissimi altri fuori mainstream. Andreotti è stato processato per mafia, Craxi è morto in esilio.
Per Georgescu e co. l’accusa è standard, sempre uguale: filorussi, putiniani. Lo stesso Mattarella che riscrive la Storia con un rozzo revisionismo (come leggesse dal gobbo) appare sotto ricatto.
Gli intellettuali fanno la loro parte per spargere terrore, minimizzare, radicalizzare i popoli. Viene in mente un episodio degli anni Dieci dell’altro secolo. Rumors di guerra (la prima), sondaggio fra le scuole di alto profilo (quelle che formano le classi dirigenti) in Francia. Volete la guerra? Sì all’85 per cento. Corsi e ricorsi, vi dice niente l’adunata oceanica del subcomandante Serra il 15 marzo scorso? Tanto né i francesi ieri né gli italiani, come dicono a Torbella, arzano paja.
“Un cane in un fosso / faceva una rissa / con un gatto russo / per un suo ragù”, (Ferrer).
E sempre e solo un caso? C’è una relazione, una consequenzialità? Se non vogliamo chiedere aiuti ad Andreotti: “A pensar male fai peccato ma indovini quasi sempre”, domandiamo ad Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi, tre indizi fanno una prova.
“Dichiaro la guerra / per mare e per terra / al re d'Inghilterra / e al re del Perù / ma non mi disturbate più”, (Ferrer).
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