Trani, poliziotto aggredito in carcere. Psicologi Puglia: "Solidarietà non basta, servono interventi sistemici"


TRANI 
- "È un episodio gravissimo che esprime il livello di tensione estrema in cui quotidianamente opera chi lavora nei contesti penitenziari". Con queste parole, il presidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi della Regione Puglia, Giuseppe Vinci, commenta la recente aggressione avvenuta nel carcere di Trani, dove un agente della polizia penitenziaria è stato vittima di un tentativo di strangolamento da parte di un detenuto. L'episodio pugliese segue di poche settimane un'analoga aggressione subita da una psicologa in un carcere milanese.

Per lo psicologo Vinci, è ormai evidente che il personale che presta servizio all’interno delle carceri, dagli agenti agli psicologi e a tutte le altre figure professionali, si trovi a fronteggiare una pressione psicologica costante, alimentata da difficili condizioni lavorative. Tra queste, Vinci elenca il sovraffollamento, le carenze di organico, le scarse risorse messe a disposizione, la frammentazione e la discontinuità degli interventi istituzionali, ma soprattutto una mancanza di strumenti e spazi per la gestione dello stress e del trauma.

“In contesti così carichi di frustrazione, disagio psichico e conflittualità - ha spiegato Vinci - è altissimo il rischio di un logoramento emotivo che può sfociare in episodi di violenza che mettono a rischio l’incolumità del personale oppure in burnout degli stessi operatori”.

L’Ordine regionale degli psicologi ritiene che la sicurezza di tutti gli operatori penitenziari sia una questione centrale, non solo un diritto individuale. “Sentirsi sicuri è un prerequisito fondamentale per consentire agli operatori penitenziari che operano nei vari ruoli, dagli agenti agli operatori sociali e sanitari, di svolgere la complessa funzione al meglio. Se si teme per la propria incolumità, non è possibile lavorare in modo efficace”, aggiunge Paola Pagano, consigliera dell’Ordine professionale e profonda conoscitrice del contesto penitenziario.

“I detenuti - ha continuato Pagano - vanno accompagnati nel ripensare il senso di quanto hanno vissuto e vivono e il rapporto con la struttura in cui si trovano. Vanno ascoltati all’interno di una relazione che li aiuti a ripensare le emozioni che vivono, per prevenire le degenerazioni violente e consolidare i percorsi di revisione critica, imprescindibili per la convivenza interna e per il loro futuro reinserimento”.

L'Ordine degli Psicologi della Puglia lancia quindi un appello affinché alla doverosa solidarietà nei confronti dell'agente aggredito seguano interventi sistemici e strutturati, come l'istituzione di sportelli di ascolto psicologico strutturati per il personale penitenziario e l'implementazione di programmi di prevenzione del trauma, al fine di garantire la sicurezza e il benessere di chi lavora quotidianamente in contesti così delicati e complessi.