di FRANCESCO GRECO - TORRE MOZZA (LE). E poi ci sono le sperimentazioni del popolo, di chi ama gli ulivi e si duole nel veder avanzare la foresta di pietra, il paesaggio spettrale che offende lo sguardo e intristisce il cuore, la memoria, l’identità , perché l’ulivo “è la mamma del Salento” (Rocco Stasi). E perché siamo immersi in una tragedia epocale (“Fosse accaduta al Nord l’avrebbero affrontata seriamente…”, prof. Irene Molle) e farsi prendere dal fatalismo è fin troppo facile.
Chi non si rassegna a “perdere la storia, le radici”, all’olio spagnolo o tunisino, né alla vulgata dei politici europei e regionali: il famigerato articolo 8 (“un obbrobrio, decisioni assurde dei politici”, Botrugno) che impone espianti selvaggi, “da brividi” (e reimpianti di specie “sicure”), che farebbero del territorio un deserto (poi toccherebbe ai mandorli, gli oleandri, le circa 300 specie malate), gli innesti, le leggende metropolitane sulle varietà credute inattaccabili dal batterio-killer (leccino e frantoio millenium? “Propaganda”, Potenza), gli indennizzi solo a chi ha partita Iva, è iscritto alla Camera di Commercio e altre note stonate che aggravano il dramma.
Ecco allora (alla marina di Torre Mozza, “Gianni Resort”), al capezzale dell’ulivo malato, un tavolo di confronto per scambiarsi le esperienze dal basso, visto che 230 università e dozzine di sperimentazioni costose di istituzioni che non si fanno “rete”, non sortiscono effetti (o le tengono nascoste per farci il business). Mentre “stregoni” e “sciampisti” – così li chiamano con disprezzo – con l’aiuto di sostanze naturali, nella lotta alla xylella potrebbero dire qualcosa di nuovo e mettono in rete i risultati.
Denominatore comune le accuse ai politici, da cui si sentono abbandonati: “Bisogna cambiare politica e leggi”, “Perché quando ci sono calamità naturali tutti si mobilitano e con la xylella no? Lo Stato deve aiutare chi decide di salvare le piante”, alcuni dei mantra.
Angelo Potenza (“Essenza Glutine”, Bari) ha illustrato i risultati della lattoperossidasi (“un sale che attacca la membrana del batterio e lo distrugge”) nell’uliveto in agro di Taurisano.
Giovani Sabato ha messo l’accento sulla deprofessionalizzazione degli addetti e il mancato “avvicendamento generazionale”. Risultato: “Pratiche spregiudicate che aggravano la sofferenza delle piante, che sono esseri viventi con la loro dignità , la loro anima…”. Buoni i risultati degli innesti sui pollioni più che sul tronco.
Luigi Botrugno (“Antica saponeria del Salento”), è appena stato in Senato a parlare di una sperimentazione naturale iniziata 4 anni fa, detta “Nuovolivo” (col “risveglio del motore vegetativo, la resistenza di piante attaccate e il ritorno del frutto… La natura cura la natura…”. Tutto su FB. E’ una soluzione? “No, una base di partenza da supportare con le buone pratiche. E’ un’emozione indescrivibile vedere una pianta che torna a vivere… Occorre trattarle come esseri umani… Abbandonare gli ulivi è un crimine… Scandaloso non prendere in esame i nostri risultati: danno fastidio?”.
Amedeo Nardi, “DGPFharma”, Bari: “Una filiera ideologica ha portato a tutto questo, con la disattenzione dei politici regionali e nazionali. Attenzione massima ai migranti, niente al territorio. In più ci dicono di distruggere le nostre risorse produttive. Invece dobbiamo difenderle…”.
Gianni Scarcia, da Gemini, 10 ettari, 4000 piante: “Ci hanno divisi in agricoltori di serie A e di serie B, così non rinasce il territorio… Basta piangerci addosso, dobbiamo crederci…”.
A breve uscirà un documentario firmato dal regista Massimo Fersini (“Totem Blue”, 2009): sarà proposto nelle scuole, perché, ha concluso Potenza “è una guerra che si deve vincere insieme ai giovani”. Una guerra lunga, pazienza zen, ha da finì a nuttata…