BARI - Un branco di cinghiali distrugge tre ettari di grano tenero biologico di eccellente qualità. Ogni ettaro, 40 quintali di cereale, per un danno complessivo di circa 3400 euro. Un valore che, purtroppo, bisogna moltiplicare per 20, tante quante sono le aziende garganiche che, nelle ultime settimane, hanno visto distruggere parte dei loro campi.
L’ATC, l’Ambito Territoriale di Caccia, riconosce solo un rimborso forfettario di 700 euro, a prescindere dall’entità del danno subito dal singolo produttore.
Per questo stamattina, a Monte Sant’Angelo, allevatori e agricoltori di tutta la Puglia e del Gargano associati a CIA Agricoltori Italiani della Puglia si sono dati appuntamento per protestare e chiedere che, finalmente, la questione cinghiali sia affrontata dagli organi competenti, a partire dalla Regione Puglia.
“Occorrono poche cose ma chiare e definitive”, ha dichiarato Leonardo Santucci, allevatore e componente CIA Puglia. “Serve ridurre il numero dei cinghiali che scorrazzano nelle campagne e attivare meccanismi che ne contengano la proliferazione anche per il futuro; occorre che i risarcimenti siano pieni, vale a dire commisurati all’entità effettiva dei danni (modifica legge 157/92); bisogna che la Regione Puglia e gli enti territoriali competenti si attrezzino per monitorare lo sviluppo e i movimenti dei cinghiali, con studi e ricerche specifiche”.
UN PROBLEMA IN TUTTA LA PUGLIA. “La questione cinghiali riguarda tutta Italia e l’intera Puglia. In Capitanata, così come dalla Murgia Barese alla Bat e nei territori di Taranto e Brindisi nel 2020 i casi, le segnalazioni e i danni sono andati moltiplicandosi: con la pandemia, infatti, i cinghiali hanno ampliato il loro raggio d’azione arrivando anche sulla costa oltre che imperversare nelle zone rurali poste nell’entroterra pugliese”, ha dichiarato Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata. “Il caldo, la necessità di approvvigionarsi di acqua e cibo li spinge ad attraversare strade a scorrimento veloce, con i pericoli che ne conseguono, e sentieri di campagna”, ha aggiunto il direttore provinciale dell’organizzazione, Nicola Cantatore.
I DATI. Due milioni di ungulati in circolazione in Italia, oltre 200 milioni di danni agli agricoltori, 469 incidenti causati sulle strade, alcuni dei quali mortali. Nel 2020, le richieste di danni da fauna selvatica nel solo territorio del Parco Nazionale del Gargano sono cresciute del 200%. Imprese agricole e agro-zootecniche hanno presentato domande di risarcimento per un ammontare complessivo di circa 300mila euro. “Ai proprietari e ai conduttori dei terreni agricoli va riconosciuto il diritto al risarcimento integrale della perdita effettivamente subita”, ha aggiunto Michele Ferrandino, presidente provinciale di CIA Capitanata. “Il risarcimento per i danni da fauna selvatica non può rientrare nell'ambito dei Regolamenti dell'Unione Europea sugli aiuti di Stato e va sottratto al regime dei de minimis”. L’ultimo censimento rilevò la presenza di circa 3700 esemplari nella zona dell’Alta Murgia. ll problema del de minimis deve essere superato, inoltre occorre la costituzione di una taske force regionale come chiesto dal coordinamento delle organizzazioni di categoria agricole e del Parco dell'Alta murgia per azioni univoche di intervento, con abbattimento dei capi attraverso un controllo selettivo e la realizzazione della filiera del cinghiale in Puglia, anche per garantire il benessere animale.
LA MOBILITAZIONE CIA. CIA Agricoltori Italiani, a partire dal 2018, si è mobilitata con iniziative nazionali e regionali per chiedere la modifica della legge 157 e per affrontare complessivamente la problematica della fauna selvatica. Un’azione sindacale che è approdata alla risoluzione, la prima organica e strutturale, approvata in Senato, frutto di una battaglia che CIA Agricoltori Italiani sta portando avanti da anni.UE, GOVERNO, ENTI LOCALI. “La risoluzione approvata in Senato è un punto di partenza”, ha detto Raffaele Carrabba, presidente di Cia Puglia. “Occorre sia il Governo a prendere in mano la situazione, attivando un’azione coordinata tra ministeri, regioni, province e organizzazioni. Serve un piano di interventi per la coesistenza realmente sostenibile tra attività agricole, tutela ambientale e animale, biodiversità. In questo, un ruolo importante spetta anche all’Unione Europea”.