Grano duro, i produttori di Bari-Bat e Foggia: “No a speculazioni sul prezzo”
BARI - I produttori cerealicoli di Bari, della Bat e di Foggia – attraverso CIA Levante e CIA Capitanata, declinazioni provinciali di CIA Agricoltori Italiani Puglia – denunciano gravi speculazioni in atto sul prezzo del grano duro. Le quotazioni della CUN e delle borse merci di Bari e Foggia, infatti, questa settimana hanno fatto segnare un ribasso: un calo di 10 euro alla tonnellata nel Barese, dai 20 ai 23 euro nel Foggiano. Un deprezzamento pesante, tenuto conto sia degli insostenibili aumenti dei costi di produzione che vanno dalla prima aratura alla trebbiatura, sia del decremento quantitativo delle rese per ettaro, a causa della persistente siccità, la più prolungata degli ultimi anni.
C'è poi un effetto indiretto determinato dalla guerra tra Russia e Ucraina che, per i crescenti prezzi energetici, impatta a più livelli sui mercati. Nonostante ciò, le quotazioni del grano duro registrano un sorprendente calo del prezzo per quintale.
“Ci si sta anche approfittando delle esigenze degli agricoltori di incassare qualcosa per poter onorare gli impegni assunti”, denunciano CIA Levante e CIA Capitanata, “nonostante la crescente richiesta di grano italiano certificato, la cui produzione si è contratta di circa il 35-40%. Gli imprenditori agricoli reclamano il giusto prezzo, altrimenti per le aziende che non riusciranno a coprire i costi di produzione sarà davvero difficile seminare nuovamente grano in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime agricole dall’estero. Adesso si potrebbe aprire una fase di incertezza tale da innescare una spirale dalla quale sarà sempre più difficile uscire. CIA evidenzia che l'andamento del mercato dimostra, per chi ancora avesse dubbi, che l’aumento dei prezzi dei prodotti finali ai consumatori, come pane, pasta, farine, biscotti, non dipende dai prezzi dei prodotti agricoli. Negli ultimi anni, complessivamente la Puglia ha prodotto mediamente 9,5 milioni di quintali di grano duro, vale a dire il 35% della produzione nazionale, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Da sola, la provincia di Foggia riesce in media a produrre 7.125.000 quintali su una superficie di 240mila ettari.
Il calo della produzione, con rese che saranno inferiori di circa il 35-40% alle medie degli ultimi anni, è diretta conseguenza del prolungato periodo di siccità riscontrato nei mesi invernali. Il problema si riscontra in tutte le aree della Puglia, dal Foggiano alla Bat e all’area metropolitana di Bari, stessa cosa per il Tarantino. A macchia di leopardo, laddove le precipitazioni piovose invernali hanno scongiurato le conseguenze della siccità, le rese sono in linea con le medie statistiche rilevate da Ismea contenute nella forbice fra i 35-40 quintali per ettaro. Prevalgono in tutta la Puglia, tuttavia, le aree in cui l’inverno è stato avaro d’acqua.
I costi di produzione per chi coltiva e raccoglie grano sono già aumentati dal 30 al 40%. Coltivare e, soprattutto, raccogliere un ettaro di grano, prima della pandemia aveva un costo che oscillava fra i 700 e i 750 euro, mentre oggi occorrono ben più di 1000 euro. La trebbiatura, ad esempio, risente dell’incremento di costo fatto registrare dal gasolio.
C'è poi un effetto indiretto determinato dalla guerra tra Russia e Ucraina che, per i crescenti prezzi energetici, impatta a più livelli sui mercati. Nonostante ciò, le quotazioni del grano duro registrano un sorprendente calo del prezzo per quintale.
“Ci si sta anche approfittando delle esigenze degli agricoltori di incassare qualcosa per poter onorare gli impegni assunti”, denunciano CIA Levante e CIA Capitanata, “nonostante la crescente richiesta di grano italiano certificato, la cui produzione si è contratta di circa il 35-40%. Gli imprenditori agricoli reclamano il giusto prezzo, altrimenti per le aziende che non riusciranno a coprire i costi di produzione sarà davvero difficile seminare nuovamente grano in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime agricole dall’estero. Adesso si potrebbe aprire una fase di incertezza tale da innescare una spirale dalla quale sarà sempre più difficile uscire. CIA evidenzia che l'andamento del mercato dimostra, per chi ancora avesse dubbi, che l’aumento dei prezzi dei prodotti finali ai consumatori, come pane, pasta, farine, biscotti, non dipende dai prezzi dei prodotti agricoli. Negli ultimi anni, complessivamente la Puglia ha prodotto mediamente 9,5 milioni di quintali di grano duro, vale a dire il 35% della produzione nazionale, impiegando una superficie pari a 344.300 ettari. Da sola, la provincia di Foggia riesce in media a produrre 7.125.000 quintali su una superficie di 240mila ettari.
Il calo della produzione, con rese che saranno inferiori di circa il 35-40% alle medie degli ultimi anni, è diretta conseguenza del prolungato periodo di siccità riscontrato nei mesi invernali. Il problema si riscontra in tutte le aree della Puglia, dal Foggiano alla Bat e all’area metropolitana di Bari, stessa cosa per il Tarantino. A macchia di leopardo, laddove le precipitazioni piovose invernali hanno scongiurato le conseguenze della siccità, le rese sono in linea con le medie statistiche rilevate da Ismea contenute nella forbice fra i 35-40 quintali per ettaro. Prevalgono in tutta la Puglia, tuttavia, le aree in cui l’inverno è stato avaro d’acqua.
I costi di produzione per chi coltiva e raccoglie grano sono già aumentati dal 30 al 40%. Coltivare e, soprattutto, raccogliere un ettaro di grano, prima della pandemia aveva un costo che oscillava fra i 700 e i 750 euro, mentre oggi occorrono ben più di 1000 euro. La trebbiatura, ad esempio, risente dell’incremento di costo fatto registrare dal gasolio.
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AGRICOLTURA