BARI - Sulla petizione di CIA Agricoltori Italiani a difesa del grano e della pasta italiani (https://chng.it/zVC8sWyT75), per tutelare produttori cerealicoli e consumatori, ora si muovono anche le Amministrazioni comunali: la fase di coinvolgimento, cominciata da pochi giorni, ha già incassato l’adesione dei Comuni di Spinazzola, Minervino, Corato, Bitonto, Sammichele di Bari e Chieuti. Dal 15 maggio, in 10 giorni, sono state raccolte circa 10mila firme che si sono aggiunte alle altre 40mila ottenute precedentemente: ora, per raggiungere quota 50mila, ne mancano poco più di 1000. Ad oggi, la petizione sul grano è tra il 2% di quelle attualmente in corso ad aver raggiunto un simile risultato.
“La campagna continua”, ha annunciato Gennaro Sicolo, presidente CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “ Noi siamo convinti che sia una battaglia non solo giusta, ma doverosa. Il Made in Italy, quello vero, può reggersi solo su due capisaldi: la base dei produttori agricoli italiani e quella dei consumatori. Senza grano italiano, la pasta prodotta dai grandi e dai piccoli marchi non può essere definita ‘italiana’ e, cosa altrettanto importante, non garantisce la stessa qualità e salubrità certificata dagli standard produttivi ai quali si attengono i nostri cerealicoltori. La petizione è solo uno degli strumenti e delle iniziative con le quali intendiamo portare avanti questa campagna. Uno strumento utile a far comprendere al nostro Governo e all'Unione Europea che, in Italia, occorre ascoltare la voce di cittadini, famiglie, lavoratori e imprenditori agricoli. Facciamo crescere una consapevolezza culturale attorno al concetto, per adesso abusato ma poco concretizzato, della Sovranità Alimentare”.
LE BORSE MERCI DI BARI E FOGGIA. Alla Borsa Merci di Bari, il 23 maggio l’ultima seduta della Commissione grano ha confermato le quotazioni del duro della settimana precedente: il fino è arrivato a 335-340 euro/tonnellata; il biologico a 350-355. Alla Borsa Merci di Foggia, quotazioni stabili ormai da due settimane: in Capitanata il fino è quotato 340-345 euro/tonnellata, mentre il biologico si assesta a 365-370. Sia per Bari che per Foggia, da giugno 2022 il valore del grano duro riconosciuto ai produttori è crollato di 220 euro/tonnellata.
UNA PRESA DI COSCIENZA. “Le grandi industrie molitorie e della pasta sono state irritate dalla nostra petizione”, ha dichiarato Sicolo, “temono una presa di coscienza di consumatori e produttori. Questa petizione, in realtà , è anche a loro vantaggio, perché se gli agricoltori italiani abbandonano la coltivazione di grano, a causa della diseguale e iniqua distribuzione del valore lungo la filiera, nel giro di pochi anni avranno difficoltà ad avere grano italiano per la produzione di pasta, dipenderanno sempre più dai grani esteri. La stessa presa di coscienza da parte dei consumatori è un vantaggio, perché nessuna farina di grilli e nessun grano duro trattato pesantemente con la chimica potrà sostituire un prodotto, il grano duro italiano, che è parte integrante della nostra identità e della nostra cultura da millenni”. Il valore e la redditività devono essere redistribuiti più equamente lungo la filiera che si rafforza se crescono anche il settore primario e la produzione italiana, altrimenti il rischio è che la scarsa redditività costringa le imprese italiane del comparto a rinunciare a seminare grano, con una crescita della nostra dipendenza dall’export e la perdita di posti di lavoro”.
“La campagna continua”, ha annunciato Gennaro Sicolo, presidente CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “ Noi siamo convinti che sia una battaglia non solo giusta, ma doverosa. Il Made in Italy, quello vero, può reggersi solo su due capisaldi: la base dei produttori agricoli italiani e quella dei consumatori. Senza grano italiano, la pasta prodotta dai grandi e dai piccoli marchi non può essere definita ‘italiana’ e, cosa altrettanto importante, non garantisce la stessa qualità e salubrità certificata dagli standard produttivi ai quali si attengono i nostri cerealicoltori. La petizione è solo uno degli strumenti e delle iniziative con le quali intendiamo portare avanti questa campagna. Uno strumento utile a far comprendere al nostro Governo e all'Unione Europea che, in Italia, occorre ascoltare la voce di cittadini, famiglie, lavoratori e imprenditori agricoli. Facciamo crescere una consapevolezza culturale attorno al concetto, per adesso abusato ma poco concretizzato, della Sovranità Alimentare”.
LE BORSE MERCI DI BARI E FOGGIA. Alla Borsa Merci di Bari, il 23 maggio l’ultima seduta della Commissione grano ha confermato le quotazioni del duro della settimana precedente: il fino è arrivato a 335-340 euro/tonnellata; il biologico a 350-355. Alla Borsa Merci di Foggia, quotazioni stabili ormai da due settimane: in Capitanata il fino è quotato 340-345 euro/tonnellata, mentre il biologico si assesta a 365-370. Sia per Bari che per Foggia, da giugno 2022 il valore del grano duro riconosciuto ai produttori è crollato di 220 euro/tonnellata.
UNA PRESA DI COSCIENZA. “Le grandi industrie molitorie e della pasta sono state irritate dalla nostra petizione”, ha dichiarato Sicolo, “temono una presa di coscienza di consumatori e produttori. Questa petizione, in realtà , è anche a loro vantaggio, perché se gli agricoltori italiani abbandonano la coltivazione di grano, a causa della diseguale e iniqua distribuzione del valore lungo la filiera, nel giro di pochi anni avranno difficoltà ad avere grano italiano per la produzione di pasta, dipenderanno sempre più dai grani esteri. La stessa presa di coscienza da parte dei consumatori è un vantaggio, perché nessuna farina di grilli e nessun grano duro trattato pesantemente con la chimica potrà sostituire un prodotto, il grano duro italiano, che è parte integrante della nostra identità e della nostra cultura da millenni”. Il valore e la redditività devono essere redistribuiti più equamente lungo la filiera che si rafforza se crescono anche il settore primario e la produzione italiana, altrimenti il rischio è che la scarsa redditività costringa le imprese italiane del comparto a rinunciare a seminare grano, con una crescita della nostra dipendenza dall’export e la perdita di posti di lavoro”.
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