FRANCESCO GRECO - Il primo sentimento è stato di incredulità e stupore. Poi la commozione. Infine i brividi, quasi le lacrime. Se “natura non fecit saltus”, bisognava solo aspettare e alla fine, noi che abbiamo avuto pazienza, abbiamo avuto ragione.
Fuori mainstream, abbiamo resistito alla vulgata e non abbiamo sradicato i “monumenti” malati per mettere a dimora specie di cui, fellinianamente, poco si sa e tutto si immagina. O “munnare” (potare) in modo radicale, fino a lasciare un ceppo di un metro d’altezza. Ridicolo. O di fare costosi trattamenti empirici, dall’esigua consistenza scientifica.
Si soffriva quando di notte si vedevano gli uliveti bruciare, come un sacrificio a divinità malvagie, accesi dal blablabla della politica, ma soprattutto dalla disperazione di chi aveva solo quello e magari se l’era procurato sudando sangue da emigrante all’estero.
E alla fine abbiano avuto ragione: la Natura è viva e lotta insieme a noi. Quest’anno i nostri ulivi sono risorti e abbiamo rivissuto la gioia di passare le mani fra le cime colme di frutto in un ottobre ancora estate.
Non accadeva da anni, non sappiamo quanti e poco importa. Forse da quando, a forma di esorcismo, e di memoria del passato, mettemmo le ulive dell’ultima annata buona sulla bacheca del profilo Facebook.
Erano ridotti a scheletri, rami nudi e secchi. Per molti anni la raccolta è stata misera: solo qualche manciata, giusto per comunicarci che erano ancora vivi, nonostante tutto.
Ora hanno ripreso a vegetare, sono tornati rigogliosi, il frutto sano e abbondante, hanno donato addirittura più dei tempi passati. E l’olio è buono.
Leggiamo e vediamo dai social media che la ripresa c’è un po’ ovunque. Importante era riprendere gli antichi millenari ritmi, i cicli circadiani. Abbiamo persino tagliato i pollioni cresciuti intorno alle piante, per consentir loro di avere tutta la luce e l’energia ora che ha ripreso a lavorare.
Ripetiamo: nessun trattamento, niente chimica, nemmeno il secco tolto, nulla: hanno fatto tutto da soli.
Se c’è un messaggio, o più messaggi, da trarre, ognuno lo faccia per conto suo.
C’è chi si è fatto i soldi a forza di sussidi (i ricchi proprietari saziati da certi politici) e chi nelle maglie della burocrazia, aspetta da anni il permesso di eradicare. Gli esperti hanno fatto carriera spargendo banalità, annunciando apocalissi. Ora possono rilassarsi, magari andare a lavorare.
Noi, orgogliosi figli, nipoti, bisnipoti di contadini, abbiamo saputo aspettare. Sapevamo d’istinto che era solo questione di tempo. La Natura è viva e si è presa il suo, ma alla fine ce l’ha fatta da sola. Ha vinto. Abbiamo vinto. Ci si risente con la raccolta 2025. Nel frattempo, olio nuovo sul pane, i legumi, l’insalata, le bruschette, più avanti le pittele (frittelle natalizie). Favorite!
Fuori mainstream, abbiamo resistito alla vulgata e non abbiamo sradicato i “monumenti” malati per mettere a dimora specie di cui, fellinianamente, poco si sa e tutto si immagina. O “munnare” (potare) in modo radicale, fino a lasciare un ceppo di un metro d’altezza. Ridicolo. O di fare costosi trattamenti empirici, dall’esigua consistenza scientifica.
Si soffriva quando di notte si vedevano gli uliveti bruciare, come un sacrificio a divinità malvagie, accesi dal blablabla della politica, ma soprattutto dalla disperazione di chi aveva solo quello e magari se l’era procurato sudando sangue da emigrante all’estero.
E alla fine abbiano avuto ragione: la Natura è viva e lotta insieme a noi. Quest’anno i nostri ulivi sono risorti e abbiamo rivissuto la gioia di passare le mani fra le cime colme di frutto in un ottobre ancora estate.
Non accadeva da anni, non sappiamo quanti e poco importa. Forse da quando, a forma di esorcismo, e di memoria del passato, mettemmo le ulive dell’ultima annata buona sulla bacheca del profilo Facebook.
Erano ridotti a scheletri, rami nudi e secchi. Per molti anni la raccolta è stata misera: solo qualche manciata, giusto per comunicarci che erano ancora vivi, nonostante tutto.
Ora hanno ripreso a vegetare, sono tornati rigogliosi, il frutto sano e abbondante, hanno donato addirittura più dei tempi passati. E l’olio è buono.
Leggiamo e vediamo dai social media che la ripresa c’è un po’ ovunque. Importante era riprendere gli antichi millenari ritmi, i cicli circadiani. Abbiamo persino tagliato i pollioni cresciuti intorno alle piante, per consentir loro di avere tutta la luce e l’energia ora che ha ripreso a lavorare.
Ripetiamo: nessun trattamento, niente chimica, nemmeno il secco tolto, nulla: hanno fatto tutto da soli.
Se c’è un messaggio, o più messaggi, da trarre, ognuno lo faccia per conto suo.
C’è chi si è fatto i soldi a forza di sussidi (i ricchi proprietari saziati da certi politici) e chi nelle maglie della burocrazia, aspetta da anni il permesso di eradicare. Gli esperti hanno fatto carriera spargendo banalità, annunciando apocalissi. Ora possono rilassarsi, magari andare a lavorare.
Noi, orgogliosi figli, nipoti, bisnipoti di contadini, abbiamo saputo aspettare. Sapevamo d’istinto che era solo questione di tempo. La Natura è viva e si è presa il suo, ma alla fine ce l’ha fatta da sola. Ha vinto. Abbiamo vinto. Ci si risente con la raccolta 2025. Nel frattempo, olio nuovo sul pane, i legumi, l’insalata, le bruschette, più avanti le pittele (frittelle natalizie). Favorite!